Giornali di regime

Giornali di regime

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Quella che vedete riprodotta qui sopra è la pagina 13 del Corriere della Sera di oggi. Abbiamo deciso di riprodurla e commentarla perchè, a nostro avviso, è un esempio chiarissimo di come viene fatta oggi “l’informazione” in Italia. Chiunque mastichi un po’ di comunicazione sa che un messaggio non passa esclusivamente attraverso le parole, in questo caso degli articoli, ma che esistono livelli diversi e sovrapposti che spesso sono più immediati delle parole stesse. E che in un giornale sono, ad esempio: la scelta dei titoli, delle foto o il criterio con cui vengono accostati gli articoli su una pagina. E’ una cosa che sanno benissimo, ad esempio, i pubblicitari; che infatti non vogliono che i loro marchi vengano associati a determinate notizie. Se produco giocattoli non vorrei mai che il nome della mia azienda comparisse su una pagina associata ad un reportage sulla pedofilia. E’ un ragionamento talmente ovvio da risultare banale. Ma allora guardate bene com’è composta questa pagina. L’articolo principale è dedicato alle tesi dichiaratamente negazioniste e antisemite del vescovo lefebriano recentemente riabilitato dal Papa, a cui vengono dedicate ben 5 colonne a firma di uno dei giornalisti più prestigiosi del quotidiano di via Solferino. Il lettore medio, sfogliando il giornale, la prima considerazione che farà è che quella è una pagina in cui si parla di antisemitismo. Opinione rafforzata dall’articoletto in alto in cui si denunciano le discriminazioni patite da un presentatore televisivo in Francia. E sotto, a chiudere il cerchio, un “pezzo” sul disorientamento della sinistra italiana. Arrivati a questo punto il già citato lettore medio, che il più delle volte non va oltre i titoli, non solo sarà portato a pensare che anche la sinistra italiana è antisemita, ma che di fatto lo sia chiunque esprima posizioni critiche verso la politica dello stato israeliano. Non a caso la tesi da sempre sostenuta dal Corriere, nonché dalla quasi totalita dei mezzi d’informazione. Ammettiamo il caso, però, che il nostro lettore medio passi dal “livello 1” al “livello 2”, e che colto da improvvisa curiosità trascuri le pagine dello sport e si dedichi alla lettura degli articoli. Le informazioni che ne trarrà almeno hanno una qualche corrispondenza con la realtà? Ovviamente no, perchè a ben vedere la pagina si compone di una notizia (vera), una notizia (finta e vecchia) e un’opinione (faziosa). L’articolo in alto fa riferimento ad una fatto accaduto un mese fa, esattamente venerdì 16 gennaio, quando il presentatore televisivo Jacques Essebad annullò un suo spettacolo in programma nella cittadina di Vals les Bains (leggi) a seguito di una pacifica manifestazione contro il bombardamento di Gaza. Contrariamente a quanto afferma il corriere la manifestazione non era affatto antisemita, ma a sostegno della causa palestinese, e si teneva davanti al teatro in cui avrebbe dovuto esibirsi l’artista non perchè lui è ebreo, ma perchè è accusato di finanziare l’esercito israeliano. Un dettaglio non da poco, un’informazione nascosta ai lettori che fa la differenza tra una legittima protesta e una manifestazione razzista. Si è trattato di un errore? Sinceramente crediamo di no, perchè per evitare l’errore sarebbe bastato fare una ricerca in rete (leggi). Tralasciamo l’articolo sul vescovo negazionista (l’unico vero antisemita) e passiamo ll’articolo sulla “causa che non esiste più”. Anche qui, in maniera truffaldina, Paolo Lepre (autore dell’articolo), getta fango sul leader palestinese Yasser Arafat facendo intendere che fosse un’antisemita poichè esisterebbe una foto che lo vede ritratto accanto all’ex cancelliere austriaco (nonché ex nazista) Kurt Waldheim. Lo squallore di questa operazione si commenta da solo. Waldheim è stato segretario dell’ONU dal 1971 al 1982. Periodo durante il quale, in virtù della sua carica, ha visitato diversi paesi membri delle Nazioni Unite tra cui Israele stesso (leggi), ed è stato fotografato con moltissimi capi di stato. Quindi cosa dimostra quella foto? Assolutamente nulla, serve solo a corroborare la tesi precostituita che il corriere tenta di spacciare, così come la falsa manifestazione antisemita di cui sopra. Molto probabilmente quello che proprio non riescono a digerire i nostri opinion maker è che, nonostante l’enorme profusione di mezzi e l’omologazione mediatica, la maggioranza degli italiani continui asaper distinguere fra aggressori e vittime. Come ha dimostrato l’enorme partecipazione alla manifestazione del 17 gennaio scorso a Roma.