Giustizia coloniale

Giustizia coloniale

 

Dei tanti fatti che potrebbero definire i contorni del razzismo che permea in profondità la cultura occidentale, due in particolare in questi giorni illuminano sui retaggi coloniali del nostro paese, anzi: del nostro “emisfero occidentale”, come avrebbe detto Hannah Arendt, tronfia sostenitrice della supremazia liberale dell’Occidente sul resto del mondo. Scopriamo ieri mattina, in un trafiletto ignobile nascosto nelle pagine interne dei peggiori quotidiani illuminati, che Amedeo Mancini, il fascista di Fermo responsabile della morte di Emmanuel Chidi Nnamdi, è stato scarcerato. La morte di un uomo, se commessa da un bianco ai danni di un non bianco, vale per il nostro codice circa dieci mesi di carcere. Tanti ne ha dovuti scontare il fascista fermano, dopo aver patteggiato nel dicembre scorso una condanna di quattro anni. Al danno della mancata punizione per la morte di un uomo, la beffa della completa spoliticizzazione della vicenda. Ancora ieri, per tutti i media Amedeo Mancini era “l’ultrà”, non il fascista. I moventi dell’omicidio, psicologizzati oltre ogni limite (“il mostro”, il “poco di buono”, di cui sarebbe meglio “non incrociare lo sguardo”), hanno avuto come obiettivo quello di celare l’unica motivazione logica, cioè la relazione diretta e intima tra le idee politiche di Mancini e l’azione omicida nei confronti di un migrante. Arrivando al paradosso di una condanna che teneva conto delle “aggravanti razziali del delitto”, senza per ciò indicare in cosa consisterebbe questo razzismo, e cioè nella sua appartenenza politica, completamente ignorata nel processo e nel racconto pubblico della vicenda.

Inutile pensare a cosa sarebbe accaduto se le parti della vicenda fossero state ribaltate. Bastano, per questo giochetto rivelatore della mentalità razzista e colonialista, le parole della governatrice democratica del Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani: “lo stupro è più odioso se commesso da un profugo”. Questa la sostanza del ragionamento che permea l’ideologia dominante e che rimanda a una mentalità coloniale ancora integra nel “nostro” Occidente: bianchi e “non bianchi” non possono essere uguali nel discorso politico ufficiale e nel nostro ordinamento giuridico. Questa differenza smaschera gli istinti di una civiltà liberale fondata e mantenuta sulla diversità tra gli uomini. Nonostante i propositi kantiani dei nostri giuristi, “l’ultrà di Fermo” sta lì a ricordarci la verità fondamentale dell’Occidente, quella per cui gli uomini nascono, vivono e muoiono a livelli di eguaglianza differenti. Questa diseguaglianza è la cifra filosofica del liberalismo euro-atlantico.