Giustizia negata, rabbia organizzata: vendetta per Ramy

Giustizia negata, rabbia organizzata: vendetta per Ramy

Negli ultimi giorni, in diverse città italiane, si sono svolti cortei spontanei in risposta all’omicidio di Ramy Elgaml e contro la violenza poliziesca. Questo è accaduto dopo la diffusione da parte del TG3 dei video delle volanti dei Carabinieri durante l’inseguimento dello scooter su cui si trovava Ramy assieme al suo amico. Ciò che ha destato scalpore e rabbia è stata l’esplicita intenzione da parte dei Carabinieri sia di speronare il motorino nonostante fossero coscienti che Ramy avesse perso il casco, cosa che è poi effettivamente avvenuta, sia il tentativo di nascondere le prove. Tanto che diversi particolari confutano la prima versione fornita dai Carabinieri. Nel video, infatti, si è visto come l’intento delle macchine all’inseguimento del motorino, non fermatosi ad un posto di blocco, fosse sostanzialmente omicida.

La Giustizia farà il suo lavoro, anche se non pensiamo finirà in un modo diverso rispetto a tutti gli altri episodi di violenza poliziesca che si sono susseguiti negli anni lungo lo stivale, ovvero in un processo particolarmente lungo, diversi insabbiamenti, e nel migliore dei casi la minor condanna possibile comminata.

I cortei degli ultimi giorni, con una composizione soprattutto giovanile, hanno direttamente puntato il dito contro i responsabili, ovvero i Carabinieri e in generale i “tutori dell’ordine pubblico”, che agiscono sempre più impuniti nel nostro Paese, protetti e sempre giustificati dal Governo di turno, tanto più da quello attuale, che ha gradualmente introdotto decreti sempre più liberticidi, zone rosse in tutte le più grandi città, e che si appresta a far approvare il Decreto Sicurezza più pesante dai tempi del Ventennio. Anche a Roma si è svolto ieri un corteo che ha attraversato in lungo e in largo il quartiere di San Lorenzo e che ha tentato più volte di arrivare sotto la Caserma dei Carabinieri di zona. Un corteo determinato e giovane, che nonostante i numeri contenuti ha avuto la forza di esprimere nella pratica che aveva ben chiaro chi indicare come responsabile: lo Stato. Un plauso a tutti i presenti e solidarietà per le perquisizioni di stanotte.

Di cortei come quelli di ieri ne abbiamo visti tanti nelle passate stagioni politiche e ne vorremmo vedere ancora tanti altri. Non ci stupisce e non ci spaventa quindi, il coro unanime di condanna di tutto l’arco parlamentare alla rabbia espressa dai cortei delle grandi città italiane. Una esposizione mediatica, e di conseguenza repressiva, spropositata rispetto alla realtà dei fatti. Non ci aspettiamo niente né da parte del governo, che ha un grande bisogno di agitare il fantasma della violenza politica per preparare il terreno al DDL 1660, né da parte delle opposizioni che non sanno andare oltre le solite scialbe dichiarazioni di circostanza. 

I cortei di ieri aggiungono un altro pezzettino a un lavoro tanto difficile quanto importante. Continuare, come movimento, a saldare sempre di più il legame tra la nostra azione politica e chi è ogni giorno vittima di razzializzazione in questo paese. Lo scontro tra centro e periferia passa anche da qui, la morte di un giovane milanese di seconda generazione nel disinteresse generale dei media è un fatto politico di cui ci dobbiamo fare carico. Ed è un obiettivo che non passa dalle aule di tribunale ma dalla lotta, anche dura, e dalla necessità di costruire nuove convergenze verso la costruzione di un fronte comune dei proletari.