Gli anni 70 e il RAIvisionismo storico.
Ci sono un commissario, un giudice e un ingegnere… no, avete capito male, non si tratta dell’incipit di una barzelletta, ma delle fiction con cui la Rai nelle prossime settimane proverà a raccontare gli anni 70 ai propri spettatori. E aggiungiamo purtroppo, perché pur non avendo visto ancora un solo fotogramma non abbiamo alcun dubbio su quale sarà il taglio della trilogia. I personaggi chiamati a raccontare gli “anni spezzati” saranno infatti quelli del commissario Luigi Calabresi, del giudice Mario Sossi e di un immaginario ingegnere della Fiat minacciato di morte dalla BR. La scelta dei protagonisti chiarisce così fin da subito quale sarà la prospettiva da cui si guarderà ad un intero decennio: quella dello Stato e delle classi dominanti. In un’intervista rilasciata al Corriere l’attore Emilio Solfrizzi ha dichiarato di vergognarsi per aver ritenuto in gioventù Calabresi responsabile dell’omicidio di Pinelli, aggiungendo poi che nella stesura del copione gli sceneggiatori si sono attenuti alla sentenza di D’Ambrosio che a dir suo “ha fatto piazza pulita delle leggende che accusavano il commissario”. I telespettatori assisteranno così alla messa in scena del “malore attivo” con cui venne suicidato il ferroviere anarchico che, a questo punto visti i tempi conviene ricordarlo, era assolutamente estraneo alla bomba di Piazza Fontana. Una bomba messa dai fascisti con la copertura dei servizi, ma questo è un dettaglio che mamma Rai quasi sicuramente si scorderà di far vedere. Così come ometterà di dire che quella di appendere gli interrogati fuori dalle finestre della questura di Milano tenendoli per i piedi era allora una pratica comune. Alessandro Preziosi, che invece diletterà il pubblico nelle vesti di Mario Sossi, ha detto del giudice sequestrato dalle BR: un uomo provato fisicamente, ma lucido e disponibile (…) di cui emerge la fermezza con cui non ha mai voluto ammettere delle colpe che gli venivano attribuite dai brigatisti. A vabbè, se lo dice lui. Peccato però che i proletari genovesi ricordino ben altre “virtù” persecutorie dell’allora sostituto procuratore nero che si dilettava nella caccia al rosso e che dismessa la toga è finito per approdare in Forza Nuova. Quanto al fantomatico ingegnere poi, chissà se in uno sforzo di contestualizzazione gli autori si saranno ricordati anche degli operai morti di fatica per ingrassare la famiglia Agnelli o di quelli che si sono suicidati dopo la ristrutturazione di Romiti. Chissà perchè, ma potendo scommettere su questa eventualità non ci punteremmo un euro. Chi ci segue sa che come collettivo abbiamo sempre avuto una particolare attenzione per quello che qualche anno fa chiamammo il “revisionismo mediatico” e per l’uso che in tal senso viene fatta delle fiction, tanto da dedicargli più di un post. Per quanto scadenti, low budget e mal recitati questi prodotti tipici della tv generalista hanno infatti la prerogativa di rivolgersi ad un pubblico che con grande probabilità del dibattito culturale tra storici se ne frega bellamente, ma il cui senso comune può invece essere plasmato proprio a partire dalla faccia dell’attore o della starlette di turno. Un meccanismo pernicioso che non può essere snobbato ma che, anzi, nei limiti delle nostre possibilità va sempre contrastato e smontato. Cosa che anche in questo caso abbiamo intenzione di fare.