Il nostro “Occupy”

 

Due cose ha dimostrato il movimento notav nella giornata di ieri. 1) Che è capace di generalizzarsi e riprodursi a ogni latitudine, innescando un effetto-contagio che eccede il territorio valsusino e le ragioni di una lotta ventennale per fungere da punto di riferimento (in assenza di altro) di molteplici istanze, tutte però accomunate dal bisogno di resistere al cataclisma Montiano delle politiche d’austherity e, dove possibile, costruire già dell’altro. La chiamata nazionale sorta dall’assemblea di mercoledì sera in un gremitissimo Teatro Polivalente (dopo le violente cariche dall’autostrada fin dentro l’abitato di Chianocco) ha trovato meritata eco e efficacia nelle decine di blocchi, occupazioni e cortei selvaggi che hanno scandito la giornata politica di ieri su tutto il territorio nazionale. Il dato politico che emerge da questo indiscutibile successo è la capacità del movimento notav di fungere, in questo particolare momento, come “soggetto” capace, se non di direzione (noi crediamo anche di questo) certo di indicazione politica per soggetti e territori altri e differenti da quello valsusino. La riunione d’urgenza convocata oggi dal Min. Monti ne è la conferma ai piani alti. Non per quello che ne uscirà, dal momento che il copione è già scritto, certo per la preoccupazione che la risposta capillare e massificata di ieri ha segnato in questo lungo conflitto.

Insistere, come fanno i giornalisti mainstream, sul preteso snaturamento della composizione ‘classica’ del movimento (che non è per nulla venuta meno – si è semplicemente radicalizzata) a favore di una maggiore presenza antagonistica metropolitana, significa stronare lo sguardo dall’essenziale. La valsusa non è venuta meno (chi ieri era in autostrada se n’è ben potuto accorgere), s’è molto produttivamente incontrata e mischiata con fasce giovanili delle città. L’equilibrio può a volte sembrare precario (cosa oggi non lo è ..) ma la sintesi viene di volta in volta costruita sull’interesse comune di tenere insieme questa miscela potente. Il fatto che chi “viene da fuori” o chi ieri ha bloccato il paese siano in larga parte studenti (cioè nuova composizione precaria) o militanti dei centri sociali o soggetti in qualche modo già implicati in percorsi politico-sociali di auto-organizzazione extra-istituzionale, non indica un deperimento o ‘corruzione’ del movimento originario ma una sua nuova composizione mista (sintesi che si crea soprattutto nei momenti del bisogno e di maggiore intensità conflittuale) che, piaccia o meno, sono stati gli unici soggetti capaci di produrre innovazione politica negli ultimi stantii tre decenni di vita del nostro paese. Ciò che spaventa di più le cancellerie dei partiti e le prefetture cittadine è l’incubo che questo incontro felice possa riprodursi sulla dimensione metropolitana. Le informative della digos stanno certamente riempiendo da mesi gli scaffali del Ministero degli Interni. La presenze di ieri sull’autostrada indicavano con forza la latenza – sempre in via di concretarsi – di questo spettro (che è poi sempre quel solito vecchio spettro).

2) Secondo punto. Fondamentale. Il movimento ha dimostrato ieri di essere in grado di controllare il proprio territorio. Non solo e già sul piano nazionale, con le sue propaggini attente e lucide, ma soprattutto su quel locale investito dallo scontro che è la stessa valsusa già tante volte militarizzata. Il “salto di qualità” tante volte annunciato s’è prodotto in questi giorni con il blocco consecutivo di 3 giorni sull’autostrada. E ha trovato una nuova misura nel passaggio di ieri sera. Le pecorelle smarrite ieri sera sull’A32 hanno tardato a materializzarsi semplicemente perché gli è impossibile seguire il ritmo di un movimento che può decidere ad ogni momento cosa e come bloccare. Certo hanno i numeri per vincere militarmente ma i notav hanno sempre dichiarato che non è su quel terreno che avrebbero vinto ma sulla generalizzazione e intelligenza creativa. Da ieri (con una incubazione maturata negli ultimi giorni) si segna il passaggio dalla ‘guerra di posizione’ alla tattica del mordi e fuggi, che obbliga il nemico ad inseguire (sempre troppo in ritardo) le velocità cangianti del movimento, il suo colpire una volta qui, una volta altrove. La sapienza geurrillera mostra -ogni volta- chi possiede realmente il territorio tra occupanti e occupati.

Un ultimo punto, un po’ azzardato e necessariamente da verificare. Il movimento (inspiegabilmente se si parte da una lettura oggettivante e geografica) si sta internazionalizzando: significativi momenti si solidarietà si sono organizzati in importanti centri europei, a Parigi, Barcellona, nei sempre vicini Paesi Baschi. Notizie e dirette su Radio Blackout riportavano di un’iniziativa a Budapest e di un corteo di 1000 persone a Kiev (terminale del corridoio 5 ad Alta Velocità che vorrebbe passare anche per il tragfitto Torino-Lione). Sull’autostrada bloccata da barricate e riempita di musica e balli s’incrociavano, con la maggioranza valsusina, una babele di dialetti e lingue: inglese, lombardo, francese, cuneese, spagnolo, genovese, tedesco, emiliano…

Qualcuno ha notato nei giorni scorsi che il movimento notav è la versione italiana dei movimenti ‘occupy’ e indignados. Siamo completamente d’accordo. Su queste autostrade si stanno muovendo alcuni significativi passi costituenti una nuova Internazionale.

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