India, noi (ovviamente) stiamo con i maoisti!
L’arresto di due italiani da parte del PLGA (People’s Liberation Guerrilla Army) ha inevitabilmente costretto anche una stampa tradizionalmente provinciale come la nostra ad occuparsi di quanto ormai da decenni sta avvenendo in numerosi stati dell’India. Immaginiamo quindi quale sensazione di sorpresa mista a spaesamento abbia colto questa classe giornalistica abituata a concentrarsi sul proprio ombelico l’essere venuta a conoscenza del fatto che in un Paese abitato da oltre un miliardo di persone, caposaldo dei cosiddetti BRIC, sia in corso dal 1980 una guerra popolare di lunga durata ispirata agli insegnamenti strategici di Mao. Ovviamente, fedeli alla tradizione di sciatteria giornalistica che li contraddistingue, i nostri cronisti si sono limitati a riprendere la propaganda di Nuova Delhi miscelandola con qualche informazione ripresa qua e la da wikipedia e rinunciando fin da subito ad indagare sulla natura del conflitto in corso. I militanti del CPI (maoist) vengono così dipinti come: terroristi, retrogradi, coltivatori d’oppio, stupratori, assassini e via proseguendo con i peggiori clichè di regime. “Dimenticando” così di raccontare ai propri lettori come nello stato dell’Orissa, un territorio con riserve di bauxite stimate in 2270 miliardi di dollari, sia attualmente in corso un tentativo senza precedenti di espropriazione di terre a tutto vantaggio di poche multinazionali minerarie e in cui alcune ONG svolgono una funzione non secondaria. “Dimenticando” di dire come in questi anni le autorità indiane abbiano firmato decine di protocolli d’intesa (spesso segreti) con le multinazionali per privatizzare le ingenti risorse minerarie e naturali del paese. Un fenomeno degno delle enclosure descritte da Marx nel Capitale e che prevede la spoliazione di milioni di persone del diritto alla terra e la loro deportazione, oltre che una devastazione ambientale senza precedenti. E questo in una regione dell’India che rappresenta una sorta di “colonia interna” e in cui da sempre larga parte della popolazione è costretta a sopravvivere in una situazione di estrema povertà. E’ chiaro allora che l’autogoverno degli ultimi, dei contadini, che con il sistema dei Janatana Sarkar (governo dei popoli) amministrano oltre 60000 chilometri quadrati di territorio (il Dandakaranya, a cavallo tra gli stati dell’Orissa, Chhattisgarh e Andhra Pradesh) rappresenti un ostacolo da abbattere ad ogni costo e a cui muovere una guerra sporca. Da mesi è in corso una campagna di annientamento chiamata Green Hunt (caccia verde) che prevede l’utilizzo di milizie paramilitari al fianco dell’esercito regolare e che è gia costata migliaia di morti e feriti a chiunque sia stato ritenuto in odore di “maoismo” o più semplicemente abbia difeso il suo diritto all’esistenza. Una strategia a cui i compagni del PLGA hanno fino ad ora saputo rispondere adeguatamente spezzando più volte lo stato di assedio ed infliggendo pesanti perdite ad un governo centrale che adesso sta costruendo basi militari, centri d’addestramento e piste d’atterraggio mostrando tutta l’intenzione di voler inasprire il conflitto. Siamo dunque convinti che scrivere dell’arresto dei due italiani omettendo tutto questo significhi non certo raccontare una “mezza verità” ma piuttosto un’intera bugia. Noi per quanto ci riguarda sappiamo già da che parte stare. Lal salaam kaamraid, saluto rosso compagni!