Italia – Serbia: la sagra dei Maroni.
DASPO, traferte vietate, biglietti nominali, flagranza differita, tornelli, tessera del tifoso… e chi più ne ha più ne metta. Negli ultimi anni tanto i governi di centrodestra che quelli di centrosinistra hanno fatto delle misure repressive contro gli ultras un laboratorio per le loro politiche securitarie che, una volta digerite come “necessarie” dall’opinione pubblica, verranno prima o dopo estese anche al resto della società. Quanto poi questi dispositivi repressivi siano effettivamente efficaci nel “fermare i violenti” lo hanno visto un po’ tutti l’altra sera in diretta TV. Chiunque conserva un po’ si senso critico sa bene però che non è quello il vero obiettivo. Lo scopo, quello reale, è instillare quella paura che è l’anticamera dell’insicurezza e la giustificazione dei loro apparati di controllo. Come tutti sanno la partita non si è giocata, ma qualcuno di sicuro ha perso ed è il titolare del Viminale. Ovverosia Roberto Maroni, quello che più di tutti ha voluto legare la propria faccia e la propria carriera politica alle norme anti-ultras. Quello che l’altra sera ha fatto vedere all’Europa intera che mentre i suoi poliziotti sequestravano i tappi delle bottigliette di Thè ai ragazzini delle scolaresche nel settore ospiti entrava un di tutto e di più. Ora per pararsi il culo parla di “tragedia sfiorata” e “di rischio Heysel evitato” grazie alla “gestione intelligente dell’ordine pubblico”. Parole in libertà di chi specula sulla pelle di chi nell’1985 perse la vita davvero e che adesso rischiano di far virare questa vicenda dal ridicolo al grottesco.