La C.I.A. e le rivolte siriane
E’ molto probabile che ancora non sia chiaro, in noi, di quale rivoluzione informativa sia protagonista Wikileaks. Per non parlare di Julian Assange, al quale per impedirne la trasformazione in nuovo eroe moderno, hanno subito affibbiato l’accusa di stupratore, dunque impedendo quel processo di identificazione e mitizzazione cui altrimenti sarebbe andato incontro. Ora, non sappiamo se effettivamente quelle accuse siano vere o (più probabilmente) assolutamente inventate. Per questo, basterebbe leggersi alcune dichiarazioni delle presunte violentate, che si contraddicono ad ogni nuova intervista. Senza contare lo stranissimo “tempismo”, per cui appena Assange è diventato il pericolo pubblico numero uno sono spuntate fuori dal nulla le povere ragazze.
Ma questo, diciamo, ci interessa il giusto. Anzi, delle disavventure private di Assange non ce ne frega proprio nulla, e se dovesse essere invece veramente colpevole sarebbe giusta la sua condanna. Però questo non toglie che Wikileaks sta rappresentando la fonte informativa di questo periodo. Tralaltro, una fonte assolutamente non contestabile, né interpretabile né equivocabile. I documenti riservati della diplomazia americana rappresentano una di quelle poche cose difficilmente “opinabili”. Santa Wikileaks, insomma.
E proprio da Wikileaks, o meglio da Repubblica del 19 Aprile che ne riporta i cablogrammi, veniamo a conoscenza che il solerte Dipartimento di Stato Americano, nel corso di questo biennio, ha elargito ben dieci milioni di dollari all’opposizione siriana. Ha fomentato, attraverso appunto i finanziamenti concessi, l’opposizione che in questi giorni si sta scagliando contro il presidente siriano Assad. E, guarda il caso che si ripete, anche questa opposizione ha i suoi bravi referenti a Londra, città nella quale avvengono gli scambi politici e diplomatici fra Stati Uniti, servizi segreti statunitensi e inglesi, e appunto il “movimento per la giustizia e lo sviluppo”, cioè la struttura organizzatrice delle violente manifestazioni che in questi giorni hanno insanguinato il sud della Siria. Struttura legata, peraltro, ai Fratelli Musulmani (AH! Come si ripete la storia! Vi ricordate quando gli israeliani finanziavano quei gruppetti islamisti legati ai Fratelli Mussulmani fomentandoli contro il Fronte Popolare di liberazione della Palestina? E quando questi gruppetti, una volta incontrollabili, si riunirono sotto Hamas che divenne poi, una volta divenuta incontrollabile, il nemico terrorista da combattere? Ricordate i Talebani finanziati e favoriti in funzione anti-sovietica, per poi ovviamente essere etichettati come terroristi e bombardati in una guerra ancora in corso..? Ma quante altre volte deve accadere questo giochetto per aprirci gli occhi?)
Tutto questo per dire alcune cose: prima di tutto, sembra ormai un gioco che si ripete, e troppe appaiono le convergenze fra queste notizie e ciò che sta succedendo in Libia. Ancora una volta uno stato “chiave” nella strategia americana (e israeliana), uno stato incontrollabile e anzi avverso politicamente, che viene investito da rivolte “per la democrazia” e “per le riforme”. Ancora una volta, poi, un movimento organizzato con sede a Londra, proprio come alcuni rappresentanti dei ribelli libici (fra cui il nipote del defunto re Idriss). Terzo, ancora una volta rivolte troppo “democratiche” per poter apparire semplicemente come frutto della disperazione delle popolazioni povere del medio oriente.
Però, mentre per le altre rivolte (non sulla Libia, però..) alcuni dubbi e molti margini di riflessione permangono, su queste, se dovessero evolversi in abbattimenti di regimi o situazioni simili, potremmo dire con certezza che il finanziamento americano non solo ha influito, ma ha guidato e pagato tali rivolte, senza possibilità di essere smentiti. E senza essere magari tacciati come filo-assadiani, o qualche altra etichetta grottesca simile, di chi non ha più nulla da opporre alla realtà dei fatti, che smentiscono puntualmente le proprie tesi preconfezionate.