La “libertà” di Al Jazeera
Al Jazeera è, in questo momento, il più importante canale televisivo del mondo. Nessun altro network mediatico, infatti, ha la capacità di arrivare ad un pubblico tanto vasto, e in più con un grado di influenza fuori dal normale. Trecento o quattrocento milioni di potenziali telespettatori, senza contare i migranti che continuano a seguirla nei paesi occidentali, una ventina di paesi e di redazioni sparse per il mondo arabo, e un grado di affidabilità e legittimità che nel frattempo si è andata conquistando nell’opinione pubblica, che la rendono nei fatti uno dei media più influenti del pianeta.
Al Jazeera, soprattutto, è il network televisivo che ha fomentato, incanalato e narrato le rivolte arabe dei mesi scorsi. La sua cronaca quotidiana, i suoi inviati dentro le proteste, le sue interviste esclusive, ma soprattutto il suo parteggiare apertamente per le rivolte, hanno contribuito a creare, nell’opinione pubblica araba, quell’epicità necessaria che rendeva quelle manifestazioni non semplici proteste, ma il segno di una storia che cambiava di segno. Tutto questo ha anche influito nell’opinione pubblica occidentale, felice di citare in ogni dove il presunto media arabo indipendente che raccontava le lotte in una maniera che non aveva precedenti. Insomma, Al Jazeera ha rappresentato, in questi anni, il più classico degli strumenti con cui formare l’opinione pubblica e amplificare i messaggi che dovevano essere trasmessi alle popolazioni arabe.
Bene, oggi, grazie alle rivelazioni sempre preziosissime di Wikileaks, veniamo a sapere che il suo direttore generale era un agente della CIA. Wadah Khanfar, oltretutto palestinese (gli infami stanno proprio dappertutto insomma), non sarebbe altro che un agente in diretto contatto con i servizi segreti americani di stanza a Doha, in Qatar. Il Qatar è anche, di passaggio, lo Stato padrone della rete televisiva in questione. In aggiunta, è lo Stato che “ospita” il comando di tutte le forze armate americane stanziate nel golfo Persico. Detto questo, il direttore in questione si è dimesso proprio alcuni giorni fa per non affrontare il peso delle rivelazioni; la notizia, però, è un’altra, e cioè che il suo sostituto non è altro che un membro della casa reale del Qatar, che non è neanche giornalista ma semplicemente un “oscuro burocrate”, come viene definito, della casa reale stessa.
Detto questo, quindi, abbiamo una serie di elementi che ci pongono diversi dubbi su alcune narrazioni fatte nei mesi precedenti. Ad esempio, che definire Al Jazeera una rete “libera”, o “indipendente”, è un po’ come dire che Emilio Fede sia un giornalista obiettivo. Ma il punto è evidentemente un altro: Al Jazeera era, e rimane, la rete con cui gli Stati Uniti veicolano i loro messaggi nei territori arabi. Lo strumento d’informazione di massa con cui vengono immessi, platealmente o a livello subliminale, i messaggi che gli Stati Uniti vogliono che siano immessi. Tutta la narrazione fatta proprio da Al Jazeera di quelle rivolte era perfettamente coincidente con quella che volevano gli Stati Uniti. Insomma, un altro tassello in più, ma fondamentale, per capire a chi e a che cosa hanno giovato quelle rivolte, e soprattutto quali sono gli attori internazionali che oggi escono veramente vincitori dall’evolversi di quelle rivolte.
Coloro che invece manifestavano sinceramente – e ingenuamente – sono gli stessi che continuano a scendere in piazza, sempre di meno e sempre più repressi, senza che però alcun media occidentale, né tantomeno Al Jazeera, torni a continuare quella narrazione epica che aveva contraddistinto i mesi scorsi. Gli unici momenti in cui sembra riaccendersi l’attenzione arabo-occidentale sono rappresentati dai processi farsa a Mubarak o qualche manifestazione contro Assad. Per il resto, tutto appare pacificato, i compagni arabi sembrano essere scomparsi da quando sono scomparse le “moltitudini” che reclamavano “libertà” contro i regimi autoritari del Medio Oriente.
Grazie a Wikileaks, un altro piccolo passo verso una qualche forma di ricostruzione reale di ciò che è avvenuto è stato fatto. Noi, come al solito, continueremo a monitorare, per cercare di capire cosa è davvero accaduto in quei mesi, senza fermarci alle verità di comodo in cui sono cascati fin troppi, dalle nostre parti.