La presbiopia de Il Manifesto
Riportare una notizia comporta, quasi sempre, una rielaborazione e una semplificazione dell’accaduto. Lo sappiamo bene. Tempi ristretti, battute limitate e sensibilità individuale incidono, e non poco, sulla costruzione del “pezzo”. Sappiamo bene anche questo. Eppure da qualche settimana a questa parte ci sembra che l’eccessiva vicinanza del Manifesto ad una delle soggettività che “surfa sull’onda” stia determinando, contrariamente a quanto sarebbe lecito attendersi, una diminuzione delle informazioni per i lettori del quotidiano comunista. E un chiaro caso di quella che gli oculisti chiamano presbiopia, ovvero l’incapacità di vedere bene da vicino. Ieri, ad esempio, a Roma c’erano 3 concentramenti studenteschi. Uno degli universitari intenzionati ad attraversare il corteo dei sindacati di base e quello della CGIL. Uno degli studenti medi intenzionati a sfilare esclusivamente con i lavoratori del sindacalismo di base ed uno, sempre di studenti medi, che si proponeva l’occupazione e la riappropriazione di uno spazio pubblico a via Induno. Insomma un ventaglio di posizioni articolate e, almeno fra Piazza Barberini e Piazzale Aldo Moro, alternative tra di loro per analisi e indicazioni. Ebbene, nel resoconto di questa mattina sul Manifesto non solo le piazze degli studenti medi spariscono, ma le azioni che vi si sono prodotte vengono incredibilmente ascritte al corteo universitario. Ora, lasciamo perdere le cifre sui partecipanti (la verità è rivoluzionaria, diceva Mao), ma perché dimenticarsi di un pezzo di movimento? Ieri insieme agli studenti medi, a Piazza Barberini c’erano i migranti, il Coordinamento di lotta per la Casa, alcuni lavoratori dell’Alitalia e alcuni spazi sociali della capitale. Quasi ad alludere, anche fisicamente, a quell’alleanza sociale indispensabile per far fronte alla crisi. E questo pezzo di movimento ha deciso consapevolmente di sfilare con i lavoratori e non “di attraversarli”, ma per il Manifesto questo non è stato degno di nota.