la sinistra e Pomigliano
Fra le tante analisi che si possono fare sulla vicenda di Pomigliano, ne sta emergendo con forza una su tutte: in questa che possiamo definire come la madre di tutte le vertenze lavorative, e che riempe quotidiani e telegiornali da settimane, risalta ormai vergognosamente il silenzio della sinistra antagonista. Non parliamo certo della sinistra istituzionale; li il teatrino è stato fra il PD sostanzialmente favorevole all’accordo e i vari partitini come SEL o il PRC che dichiaravano la propria contrarietà; ci riferiamo invece a quella eterogenea area dei movimenti antagonisti, che proprio in questo periodo dovrebbero far sentire forte e chiara la propria voce. E invece, al silenzio di tutte le istituzioni, si aggiunge tristemente quello dei movimenti, che non hanno niente da dire in merito. Ancora una volta, i lavoratori sono lasciati soli, senza una guida, senza un appoggio sociale e politico che non siano i sindacati di base, composti però unicamente dagli stessi lavoratori che devono lottare per difendere il proprio posto di lavoro e condurre una battaglia politica sull’infamità di tale accordo.
Fosse stata al nord, probabilmente ormai avremmo visto la Lega dare man forte agli operai, salvo poi chiederci allarmati come sia possibile che anche i lavoratori votino un partito di destra; e invece stiamo al sud, nella Campania della Camorra e di Saviano, dove non ci sono leghe nordiste o sudiste, non ci sono i partiti, non ci sono i movimenti, non c’è un cazzo. Però qualcuno fuori da quei cancelli ci dovrebbe essere, e non lo vediamo, non lo sentiamo. Però qualcuno che si prenda la briga di organizzare qualche manifestazione, qualche picchetto, qualcosa che possa farci esprimere il nostro dissenso sarebbe necessario.
C’è un film molto bello sugli anni ’70, “la classe operaia va in paradiso”, in cui in molte scene si vedono questi collettivi studenteschi alzarsi alle 4 di mattina per andare a volantinare davanti alla fabbrica. Volantini probabilmente inutili, che nessuno leggeva e nessuno capiva, fatti da collettivi dei più disparati. Ma è il senso che dovremmo recuperare da quelle lotte, e cioè il tentativo di metterci in connessione con una realtà che ormai ci sfugge sempre di più, che non capiamo, che abbiamo abbandonato.
Come diciamo sempre, non è il lavoro che sta scomparendo, ma l’importanza politica che se ne da che ne determina i rapporti di forza. Oggi come oggi, e in particolare in questo accordo infame della FIAT, ci sembra che soltanto i padroni stiano dando il giusto peso a questo accordo, definito niente meno che storico dagli stessi capitalisti. Purtroppo, sarà storico anche per i lavoratori italiani, e quando ce ne accorgeremo sarà ormai troppo tardi.