La verità complottista dell’Antidiplomatico alle prese con la realtà politica
Non sappiamo se il sito internet “L’Antidiplomatico” sia organico al Movimento 5 Stelle, solamente vicino alle posizioni politiche di quel movimento, o non c’entri direttamente nulla. Fino a qualche giorno fa rientrava nel vasto universo internettiano dei siti d’approfondimento più o meno interessanti ma allo stesso tempo tutti accomunati dalla completa disorganicità con qualsiasi forma della militanza politica. Tale disorganicità si riverbera d’altronde nelle loro analisi, anche quelle interessanti, viziate però dall’evidente distacco dall’impegno politico militante. Questioni decisamente secondarie, fino al 5 novembre. Quella giornata ha però contribuito a smascherare una forma di opinionismo online che, all’occorrenza, si trasforma in grimaldello della repressione – quella vera, non quella virtuale a cui è abituato il mondo dell’intellettualismo internettiano – pensando così di “smascherare” presunti “complotti” ai danni di questa o quella ragione politica. Parliamo ovviamente della manifestazione di Firenze della scorsa settimana e degli scontri che ne sono seguiti. Pensando di fare chissà quale vera informazione, l’Antidiplomatico procedeva indicando, con tanto di foto, segnalazioni, ingrandimenti, e tutto il resto dell’armamentario dell’infamità, i presunti provocatori della manifestazione, gli agenti dell’infiltrazione manovrati da chissà quale spectre governativa, in combutta per far fallire le ragioni del No al referendum del 4 dicembre. “La giornata è stata, del resto, per l’ennesima volta segnata da violenti quanto sospetti scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, che di fatto hanno traslato il significato del corteo, giocando tutto a favore del premier Renzi”. La storia degli scontri come risultato dell’infiltrazione di agenti provocatori è vecchia come il cucco, non fa più neanche ridere. Fa il paio con la Brigate rosse manovrate dalla Cia e Jim Morrison che si è dato per morto mentre è ancora a spassarsela in una spiaggia indiana. Boutade della borghesia incapace di pensare al movimento reale come risultato genuino e disinteressato delle masse e delle sue avanguardie. Qualcosa, o qualcuno, ci dovrà pur essere dietro. Vittima di questa logica poliziesca, l’Antidiplomatico dà sfoggio del peggior vittimismo complottista come neanche Carlo Bonini su Repubblica: “La tecnologia nell’era del digitale, è dalla nostra parte. E ad un occhio attento, osservando i video che sono spuntati in rete pubblicati proprio dalle principali testate giornalistiche italiane, sono risultati decisamente evidenti alcuni movimenti sospetti realizzati da piccoli gruppi di violenti, a volto coperto, abbigliamento simile quasi esclusivamente di colore nero ed armati con spranghe di acciaio fin da prima dell’inizio degli scontri”. Ora, qui non è in discussione il merito delle scelte politiche sull’opportunità o meno di rappresentare le ragioni del No, in questo preciso momento e ad un mese dal referendum, attraverso quell’immagine. La questione qui è un’altra e più grave (o più profonda). E’ l’eterno pensiero della borghesia di leggere ogni scelta politica della sinistra di classe attraverso le lenti deformanti del complotto, in un’ottica per cui lo scontro sociale è solamente il risultato degli interessi di poteri forti contrapposti. La sinistra che eccede la normale dialettica pacifica e democratica è per forza di cose manovrata. Non ci stupisce che a pensarla così sia la borghesia declinante. Ma l’Antidiplomatico, su cui pure scrivono compagni riconosciuti, cade in un tic che ne svela il problema di fondo: interpretare il mondo senza partecipare al movimento reale che prova a trasformarlo, impedisce di andare al di là dei propri oggettivi limiti interpretativi. E’ intellettualismo, a volte efficacie, altre volte meno, ma innocuo. Tranne quando, per oscure(?) ragioni, decide di schierarsi dalla parte della polizia e contro i compagni. Allora diventa un problema politico.