Le presunte “mele marce” e lo sciacallaggio sul corpo delle donne

Le presunte “mele marce” e lo sciacallaggio sul corpo delle donne


«Sono sicuro che l’arma prenderà immediati provvedimenti per contribuire all’accertamento delle responsabilità e per isolare eventuali mele marce che, in ogni caso, non possono incrinare la fiducia che i romani hanno nei confronti dei carabinieri», è questo il commento (leggi) di Alemanno alla denuncia di una donna, S., che ha dichiarato di essere stata violentata nella stazione dei carabinieri del Quadraro, a Roma, mentre era in stato di arresto in seguito a un furto di vestiti in un supermercato. Reato per cui, francamente, ci sembra assurdo dover trascorrere una notte in carcere. Accusati dello stupro, magari con ruoli diversi, tre carabinieri e un vigile urbano non in servizio (cosa ci facesse di notte nella stazione dei carabinieri non è dato saperlo): almeno un carabiniere sarebbe stato l’autore dello stupro, gli altri conniventi e complici.

Una vicenda ignobile che disgusta, anche se non sorprende. Sappiamo benissimo che mentre si è stato di arresto può succedere qualsiasi cosa: le vicende di Stefano Cucchi, Aldo Bianzino, Marcello Lonzi se ancora ce ne fosse stato bisogno, l’hanno dimostrato con chiarezza. Sappiamo che bisogna avere paura di finire in questura, non di girare per strada di notte.

Fare un ragionamento politico su questo caso non è semplice. Non è semplice perché si parla di una donna violentata, costretta a subire un rapporto sessuale. Una donna che sarà segnata per sempre da questa esperienza. Però vi rassicuriamo: in un paese in cui il limite tra lo sdegno e la strumentalizzazione politica – come dimostrano molte dichiarazioni – è spesso labile, non saremo certo noi a oltrepassarlo.

Sono molte le riflessioni che questo episodio fa nascere, molte e ingarbugliate: questo caso è emblematico, perchè racchiude in sè tutte le analisi che si possono fare sulla considerazione degli stupri e sullo scarso valore che viene dato alle violenze delle forze dell’ordine. La riflessione più lampante, ovviamente, è sulla modalità in cui sono viste le donne dalle presunte “forze dell’ordine”, dai giornalisti, dai politici. Dai preti. Dagli italiani in generale.  Non dimentichiamo, infatti, che in Italia fino al 1996 (!!) lo stupro era un reato contro la morale (!!) e non contro la persona (!!): questo la dice lunga sulla “cultura profonda” del paese.

Innanzitutto, nonostante siamo tutti garantisti, non possiamo che evidenziare che nei casi di stupro si metta sempre in discussione la parola delle donne, cioè delle vittime, soprattutto quando gli uomini accusati di violenza sono considerati persone “rispettabili” dalla società. E così ecco “repubblica” – il quotidiano che poche settimane fa si faceva promotore di una presa di coscienza collettiva  delle donne – tra un condizionale all’altro, parlare di “presunta violenza sessuale”: non ci sembra che questo giornale abbia espresso le stesse cautele giorni fa, quando utilizzava gli stupri avvenuti a Roma per accusare Alemanno, ma su questo torneremo dopo. Stessa tendenza, poi, nel comunicato congiunto del procuratore Ferrara e del comandante dei carabinieri Mezzavilla, in cui si dice che la donna avrebbe «intrattenuto rapporti sessuali mentre si trovava all’interno della stazione, in stato di arresto»: “intrattenuto rapporti sessuali”?! Ora si chiamano così le violenze? Ancora più ignobile, poi, che tali dubbi permangano nonostante uno dei carabinieri abbia dichiarato di aver avuto rapporti sessuali con S.

Veniamo poi alle “giustificazioni” utilizzate dai carabinieri coinvolti: uno di loro ha ammesso, sì, di aver  avuto rapporti sessuali con S. (che ne aveva descritto i tatuaggi, non lasciando adito a dubbi), ma la donna sarebbe stata “consenziente”. Questo tentativo di “giustificazione” è davvero emblematico: come può una persona normale pensare che una donna in un’evidente condizione di inferiorità (stava in stato di arresto, in una cella di sicurezza, in balia di quei carabinieri) possa decidere volontariamente di avere un rapporto sessuale? Come avrebbe potuto dire di no? Ecco, il fatto che i carabinieri coinvolti possano pensare che questa sia una giustificazione la dice lunga sulla considerazione che le “forze dell’ordine” – e, purtroppo, ancora troppi uomini italiani – hanno delle donne. Sul loro essere o non essere “consenzienti”, sul valore dei loro “no”.

Ma anche i giornali ci mettono del loro. Hanno fatto un gran parlare, infatti, della presunta assenza di tracce di violenza sul corpo di S. Ma come si può pensare che la violenza e gli abusi siano solo fisici? Quando si è in una condizione di inferiorità non bastano forse le minacce a far accettare atti che non si vorrebbero compiere? Non basta la paura a porre fine a ogni tentativo di resistenza? La violenza è anche psicologica.

Il procedere di queste “giustificazioni” avanza di pari passo con una demolizione della vittima: ed ecco che S. viene descritta come una “sbandata” (leggi) che avrebbe istigato i “poveri” carabinieri (leggi). E, come ci ha ricordato monsignor Bertoldo, non ci dimentichiamo che indurre in tentazione un uomo è peccato, e «se una donna cammina in modo particolarmente sensuale o provocatorio, qualche responsabilità nell’evento la ha e voglio dire che dal punto di vista teologico anche tentare é peccato. Dunque anche una donna che camminando o vestendosi in modo procace suscita reazioni eccessive o violente, pecca in tentazione!» (leggi).

Mentre la vittima viene criminalizzata, gli aguzzini vengono invece esaltati e descritti come persone perbene: «Sono tre bravi ragazzi, benvoluti da tutti nella zona in cui operano, sia dai residenti che dai commercianti», «Sono tre colleghi molto capaci e giovani» affermano i loro colleghi, mentre il Comando generale dei Carabinieri focalizza l’attenzione sul loro foglio disciplinare immacolato, quasi fosse una garanzia di qualità.

E, evidentemente, questi tre carabinieri (dell’agente della municipale non si sa niente, ma è ancora in servizio a Roma!) sono considerati tanto “bravi” che l’Arma ha pensato bene di trasferirli altrove (Torino, Milano e Cagliari), destinandoli non più a servizi territoriali ma a «servizi di ordine pubblico nell’ambito dei reparti mobili». Ora, oltre a inorridire all’idea di trovarci davanti in piazza degli stupratori, non possiamo far a meno di notare almeno una certa diversità di trattamento: una donna accusata di un furto all’Oviesse viene tenuta in stato di arresto, quattro uomini accusati di stupro continuano a fare il loro lavoro, quello di garanti della “pubblica sicurezza” e dell’“ordine pubblico”! E parliamo di persone che, anche se – per qualche cavillo legale – non fossero riconosciute colpevoli di stupro, lo sarebbero comunque di aver bevuto whisky in servizio e di aver avuto rapporti sessuali con una detenuta! Come si fa a mandare a mantenere l’ordine pubblico carabinieri che bevono grandi quantità di super-alcolici mentre sono in servizio? Quale lucidità possono garantire?

Veniamo poi alle riflessioni più prettamente politiche sulla vicenda. Alemanno, nel 2008, vinse la sfida elettorale che lo ha fatto diventare sindaco di Roma proprio sulla questione sicurezza legata a uno stupro, quello di una studentessa del Lesotho commesso da un uomo di nazionalità rumena (leggi). In quell’occasione, a pochi giorni dal ballottaggio che doveva decidere il nuovo sindaco, abbiamo sentito Alemanno dire che «l‘aggressione alla ragazza alla stazione ferroviaria La Storta, così drammaticamente simile a quella che ha visto vittima la signora Reggiani a Tor di Quinto, riporta in primo piano il problema della sicurezza a Roma, ignorato dall’amministrazione di centrosinistra. Veltroni e Rutelli  farebbero bene a interrogarsi sulle loro responsabilità in merito al proliferare dei campi nomadi. Bisogna essere ferrei. Se non si impone il principio della tolleranza zero questa città non si salva», mentre Rutelli, dal canto suo, invitava a evitare le strumentalizzazioni politiche (leggi) e lanciava la proposta più stupida che la storia dell’umanità ricordi, quella di dotare le donne di un “braccialetto anti-stupro”. Ancora più duro fu poi il leghista Castelli che, tutto contento che l’autore dello stupro fosse un romeno, chiedeva che «il ministro della Giustizia, il ministro dell’Interno e la magistratura comincino una buona volta a interpretare il sentimento popolare e applichino con la massima severità le leggi che già ci sono per poter difendere la nostra società da questa orda di barbari che da troppo tempo scorazza impunemente per il Paese». Ecco, alla luce di dichiarazioni come queste, non possono che fare particolare ribrezzo le parole di Alemanno nei confronti dei carabinieri accusati di stupro: tolleranza zero solo quando i colpevoli sono stranieri? E perché il colonnello Mezzavilla – secondo cui la violenza subita da S. «è un fatto che nulla sottrae all’efficienza e alla dedizione delle migliaia di carabinieri che operano a Roma. […] perchè vicende del genere contrastano con i mille atti di solidarietà che i carabinieri compiono ogni giorno» – e Alemanno – che dice che questo episodio non può «incrinare la fiducia che i romani hanno nei confronti dei carabinieri» – non hanno fatto, nel 2008, un discorso simile anche per i romeni e gli immigrati in generale? Perché Alemanno non ha mai detto che lo stupro della studentessa del Lesotho non doveva incrinare la fiducia e il rispetto dei romani per gli immigrati? Perchè se tre carabinieri stuprano una donna sono solo “mele marce” e se invece lo fanno tre immigrati, tutti gli immigrati sono stupratori e criminali? Perchè se un immigrato romeno – con la fedina penale pulita al pari dei tre carabinieri! – stupra una donna si vogliono chiudere i campi nomadi (??) e se invece sono tre carabinieri a farlo non si propone di chiudere le caserme? Si tratta, evidentemente, di domande retoriche.

Questa riflessione ne apre poi un’altra, che allarga il campo. Come è chiaro dalla strumentalizzazione dello stupro della ragazza del Lesotho e da quella dell’omicidio di Giovanna Reggiani, infatti, le violenze – soprattutto quando commesse contro le donne – hanno valore solo in quanto mezzo di strumentalizzazione politica. Non possiamo, infatti, che estendere la riflessione fatta su Alemanno anche al Partito democratico, tra l’altro colpevolmente silenzioso sullo stupro di S. nella stazione dei carabinieri del Quadraro (non sappiamo se abbiano fatto dichiarazioni in merito, ma noi non ne abbiamo trovate). E tanto più colpevole alla luce delle dichiarazioni che suoi noti esponenti hanno fatto dopo i tre stupri in dieci giorni che ci sono stati a Roma alla fine di febbraio, utilizzati e strumentalizzati per attaccare Alemanno. Ricordate quelli che nel 2008 chiedevano di non strumentalizzare lo stupro della studentessa del Lesotho? Bene, eccoli nel 2011 a organizzare sit-in di protesta contro Alemanno, ritenuto responsabile delle violenze sulle donne, utilizzando le stesse parole di Alemanno di tre anni fa: (leggi e leggi). La stessa posizione è presa, ovviamente, da “repubblica” (leggi), secondo cui «per le donne che vivono a Roma, ormai, la paura è una compagna inseparabile di ogni notte» (leggi). Alemanno, dal canto suo, parla di «inutile e volgare sciacallaggio politico della sinistra romana» (leggi). Difficile dargli torto, ma impossibile dimenticare che sciacallando sul corpo delle donne lui ci è diventato sindaco.

Il messaggio che viene lanciato dai due partiti politici più grandi di Italia – Pd e Pdl – è quindi chiaro e condiviso: non fare parola del fatto che, come scrivevamo due anni fa (leggi), oltre il 90% delle violenze di genere avvengono in famiglia (leggi, leggi e leggi), utilizzare gli stupri per farsi propaganda solo quando permettono di attaccare l’avversario politico, aizzare campagne sicurezza di comodo contro gli immigrati, glissare quando i responsabili sono persone considerate “perbene”, come i carabinieri. Prima si organizzano manifestazioni in cui rivendicano il rispetto della dignità le donne e poi si usano i loro corpi e le violenze che subiscono come mezzo di propaganda politica. Ci fate schifo e non smetterete mai di farcelo.

Ricordiamo, infine, che domani mattina (sabato 5 marzo), alle ore 11.00, ci sarà un volantinaggio e un sit-in all’entrata del parco Monti del Grano, vicino piazza dei Tribuni, in solidarietà a S. e contro ogni tipo di violenza sulle donne. Invitiamo tutte e tutti a partecipare.