L’Index librorum prohibitorum secondo Paride Costa
Un filosofo tedesco a noi molto caro sosteneva che la storia si ripete sempre due volte, la prima come tragedia e la seconda come farsa, e le ultime dichiarazioni di un consigliere veneto del Pdl non fanno che confermare, probabilmente suo malgrado, questa affermazione. Ieri, infatti, Paride Costa, consigliere comunale di Martellago (provincia di Venezia) in quota Pdl, ha avuto una di quelle trovate geniali che sempre contraddistinguono gli esponenti del suo partito, ovvero quella di richiedere di eliminare dalle biblioteche pubbliche della provincia di Venezia tutte le opere e i romanzi dei firmatari di appelli per Cesare Battisti (leggi), a cominciare – immaginiamo – da quello pubblicato nel 2004 da Carmilla. Non contento, ha anche richiesto che le presentazioni dei libri e gli incontri pubblici con questi autori siano impediti dai consigli comunali. La proposta ha subito trovato i suoi patetici estimatori, dall’assessore provinciale alla cultura Raffaele Speranzon (che, accumulando cariche, è anche consigliere comunale a Venezia) e il segretario generale del sindacato di polizia Coisp (immaginiamo composto da accaniti lettori…) che ha rivendicato subito la paternità dell’iniziativa, visto che già da qualche settimana aveva proposto il boicottaggio delle opere di questi autori.
Ovviamente questa proposta difficilmente potrà trovare una realizzazione. Come poter, infatti, eliminare dagli scaffali delle biblioteche alcuni tra gli autori italiani e stranieri più letti, conosciuti e apprezzati in Italia e nel mondo (e da noi in primis…)? Pensiamo a Valerio Evangelisti, ai Wu Ming, a Massimo Carlotto, a Giuseppe Genna, a Pino Cacucci, a Serge Quadruppani, a Nanni Balestrini, a Girolamo De Michele, al Premio Strega Tiziano Scarpa, a Stefano Tassinari, per non parlare poi di Daniel Pennac, di Fred Vergas e dell’intera casa editrice DeriveApprodi. Anche le proposte di boicottaggio ci sembrano piuttosto velleitarie: cosa penserà Berlusconi, cioè il capo del consigliere Paride Costa, della proposta di boicottare romanzi e libri editi dalle sue case editrici (Mondadori e Einaudi), di impedire le loro pubblicazioni?
Non temiamo, dunque, un nuovo indice dei libri proibiti, né i roghi di triste memoria: a queste tragedie, appunto, farà seguito una farsa. Comprendiamo perfettamente che Costa e Speranzon probabilmente sono solo a caccia di un po’ di visibilità mediatica e, per questo, cercano di sfruttare l’isteria collettiva che si è sviluppata in Italia intorno alla mancata estradizione di Cesare Battisti. Però la vicenda contiene comunque degli spunti significativi, perché non si può tacere sull’idea che certi personaggi hanno delle istituzioni, perché non si può far finta che posizioni del genere non siano portatrici di intenti molto pericolosi. Alla classe politica italiana, infatti, non è bastato eleggere unanimemente Cesare Battisti – rappresentato sempre con un ghigno diabolico – a nemico pubblico numero uno, così da ottenere il duplice risultato di distrarre l’opinione pubblica da problemi molto più importanti dell’“affronto” del Brasile e di rafforzare quell’idea secondo cui gli anni ’70 – e in conflitto sociale da cui furono attraversati – rappresentano un capitolo brutto e tragico, da non ripetere mai più, della storia italiana. Ora si vogliono anche criminalizzare le decine di persone (per il momento gli intellettuali, ma chissà che la schiera dei “nemici pubblici” non si allarghi, ad esempio, anche ai lettori e agli estimatori, nonchè a tutti i sostenitori della causa di Cesare Battisti… perché una volta che si invita ad isolare, e poi si isolano, i portatori di certe posizioni, si fa presto ad allargare il cerchio) che, legittimamente, in un paese che dice democratico, hanno espresso una loro opinione, sia essa politica, morale, “ideologica” o altro. Non solo si invita al boicottaggio (invito che potrebbe anche essere legittimo, tanto siamo sicuri che i loro sostenitori non abbiano mai letto un libro in vita loro…), ma si vorrebbe che un ente pubblico “preservasse” i cittadini da certe letture, che i bibliotecari – gli unici che, finora, hanno il diritto di scegliere il patrimonio delle biblioteche che gestiscono – si piegassero alle volontà di un’istituzione. Lo Stato dovrebbe quindi scegliere quali libri far leggere, e quali no, in base alle opinioni dei politici più in voga del momento, le istituzioni dovrebbero farsi promotrici di censura. E poi la chiamano democrazia… e poi si dicono liberali…