l’invasione “umanitaria”
“Nel mezzo della sofferenza, la crisi di Haiti offre delle opportunità agli USA. Oltre a dare aiuto umanitario immediato, la risposta degli USA di fronte al tragico terremoto offre l’opportunità di ristrutturare il governo e l’economia di Haiti, disfunzionali da tempo, oltre a migliorare l’immagine degli USA in quella regione”.
(incipit del documento, poi rimosso, pubblicato dal sito dell’Heritage Foundation, uno dei think thank più influenti negli USA)
tratto da selvasorg.blogspot.com
Mentre da tutto il mondo arrivano aiuti alimentari, medicine, acqua potabile, vaccini, impianti di rimozione delle macerie ed ospedali da campo, gli Stati Uniti hanno inviato navi da guerra (nucleare e no) e diecimila soldati. Si sono impossessati dell’unico aeroporto funzionante, e da lì hanno respinto tutti quelli che sono arrivati senza il simbolo della bandiera a stelle strisciate (1). Senza nessuna distinzione, che si trattasse di delegazioni ufficiali di piccole nazioni o della Francia, o di sbarchi dei soccorsi inviati dalla comunità internazionale. La precedenza assoluta è il rimpatrio dei cittadini nordamericani, e tutti devono adeguarsi a questo: haitiani e stranieri. Gli Stati Uniti hanno precisato che “siamo stati invitati” (da chi? ONU o governo haitiano?) e che si fermeranno a lungo perchè “l’invito” sarebbe senza data di scadenza. Funzionano di già come filtro tra la tragedia degli isolani ed il resto del mondo. Non è tutto: anticipano che vogliono centralizzare lo smistamento e la distribuzione degli aiuti, ad opera del loro corpo di spedizione militare. “Ogni dollaro raccolto dai cittadini, ogni soccorso radunato dalle ONG ed istituzioni di vario tipo” saranno amministrati da Bill Clinton e George Bush, designati da Obama come plenipotenziari imperiali. La sinistra cronaca degli avvenimenti contribuisce a chiarire le intenzioni della Casa Bianca, molto di più di quanto traspare dalle ambigue dichiarazioni ufficiali. Centralizzare i soccorsi provenienti dagli USA o quelli del resto del mondo? La seconda. Obama e il Pentagono hanno surrogato il residuale potere del governo locale di Preval, dopo una operazione militare che non è definibile correttamente in altro modo: invasione. Probabilmente la più ignobile messa a segno nella loro storia. E’ un colpo di mano che punta ad estromettere l’ONU e la missione dei circa tremila caschi blu sotto il comando del Brasile. Fuori l’ONU, fuori il Brasile, reinstallarsi sul suolo di Haiti, come hanno fatto numerose volte nel passato, almeno fino stabilizzare con una definitiva repressione i movimenti sociali “aristidiani”, anti-oligarchici, e poi mettere sul trono qualche nuova versione di Duvalier-Papa doc che faccia le loro veci. Un copione classico, per nulla originale, solo che questa volta c’è la pretesa di imporre al mondo di sottostare a una cosa inaccettabile: che consegnino i soccorsi raccolti ai militari USA. A figuri come George Bush, e che rinuncino a qualsiasi contatto con i nativi. Il mondo invia soccorsi di ogni genere, gli USA investono 100 milioni di dollari per finanziare l’invasione prolungata. Il Pentagono sogna di ri-costruire un Protettorato con gli sforzi di molti Paesi e della società civile internazionale. Questa è la pretesa di Obama. “Non si può impedirgli di sognare di essere una nuova Portorico” diceva il neocolonialismo atlantista con la penna spiumata di Lucio Caracciolo. Tranquillo, la lunga storia di invasioni ha insegnato ad Haiti che “con Francia, Stati Uniti o Spagna non si magna”. Chi “sogna Portorico” è il grigio funzionariato autoctono del protettorato, geloso della concorrenza scomoda degli “internazionali” nella gestione dei flussi economici “da catastrofe umanitaria”. Loro si sono sempre intesi meglio con i colonnelli bianchi-occhi-azzurri. Hanno esperienza nell’economia della catastrofe, sanno rivendere al mercato nero -senza cambiar neppure le etichette- tutte le mercanzie generosamente affluite. L’epigono dell’EuroNATO è molto preoccupato dalle forniture di benzina a basso costo che il Venezuela garantisce alle micro-nazioni dei Caraibi e dell’America centrale. Le definisce sprezzantemente “gesticolazioni bolivarianiste”. Ma gli USA, oltre alla truppa scelta, vorranno fornire delle modeste bombole del gas alle famiglie haitiane per frenare la deforestazione? La costituzione di un Protettorato permanente ha un costo, riusciranno a scaricarlo sul resto del mondo? I Caraibi difficilmente torneranno ad essere un “lago interno” dell’Unione. Non è interesse del Brasile agevolare questa manovra, nè del Mercosur, nè del BRIC che ha bisogno di rotte libere verso le concessioni ottenute nel megagiacimento “bolivarianista” della conca dell’Orinoco. Con l’ingresso del Venezuela -che è una cerniera geopolitica tra i Caraibi, le Ande e l’Amazzonia- aumentano le frecce nell’arco del blocco emergente sudamericano. Dopo l’Honduras, la sfida si è spostata nelle Antille e -per ora- implica lo schieramento di ben diecimila soldati e una portaerei nucleare. A carico di chi? Haiti ha bisogno dell’annullamento del suo debito estero, dell’autodeterminazione e della coperazione permanente -non emergenziale- innanzitutto regionale. Null’altro.
Note
(1) I feriti – denuncia Medici senza Frontiere – hanno un «disperato bisogno di cure mediche d’emergenza, stanno morendo a causa dei ritardi nell’arrivo delle forniture sanitarie». A un aereo-cargo di Msf con 12 tonnellate di equipaggiamenti medici, è stato negato per ben tre volte il permesso di atterrare all’aeroporto di Port-au-Prince. Dal 14 gennaio, cinque voli umanitari di Msf sono stati dirottati verso la Repubblica Dominicana. «Cinque nostri pazienti sono morti nell’ospedale che abbiamo allestito a Martissant per la mancanza del materiale medico-chirurgo che era contenuto nel cargo a cui stato impedito di atterrare», dichiara Loris de Filippi, coordinatore di Msf per l’emergenza a Haiti.