Lo stadio della Roma e l’aroma dello stadio.
A Roma, in Procura, devono essere davvero dei gran burloni. La Raggi non ha fatto nemmeno in tempo a postare urbi et orbi il suo messaggio di giubilo per l’imminente inizio dei lavori dello Stadio che questa mattina i carabinieri hanno eseguito nove arresti “per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione nell’ambito del progetto per l’impianto di Tor di valle” (leggi). Tra i politici e i “prenditori” fermati ci sono alcuni nomi pesantissimi: come il costruttore Luca Parnasi (proprietario dell’area), il vicepresidente del Consiglio Regionale Adriano Palozzi (Forza Italia), l’ex assessore regionale al Territorio Michele Civita (PD) e il presidente dell’Acea Luca Lanzalone, vicino alla Raggi e grande mediatore tra la giunta e la cordata interessata all’ennesima operazione speculativa (leggi). L’aroma dello stadio della Roma è dunque lo stesso di tutte le speculazioni che hanno devastato questa città, altro che aria nuova.
Proprio la vicenda dello Stadio e l’aver ceduto di fronte alle pressioni del “blocco del cemento” (il tutto sottolineato dalle dimissini polemiche dell’assessore Paolo Berdini nel gennaio del 2017) sono stati infatti la dimostrazione plastica della “normalizzazione” della giunta pentastellata di fronte a quel grumo di potere che da sempre governa Roma. Nonchè il tradimento di quelle aspettative di discontinuità che pure erano state suscitate dal voto del 2016, soprattutto nelle periferie. Più del pressapochismo, più dell’inefficenza o dell’infinito valzer di assessori è stato l’essersi piegati alle logiche dell’urbanistica contrattata a dimostrare come il populismo, di fronte ai poteri forti, sia un’arma spuntata. Di come nei fatti sia stato riassorbito all’interno di quel “regime urbano” capace di esercitare la propria egemonia al di la delle contingenze politico-amministrative. Una lezione “locale” dal sapore “generale” e da cui dovremmo imparare ad approfittare.