Ma insomma, chi ha vinto?
Chi ha perso le elezioni ci pare chiaro. Le ha perse principalmente Berlusconi, che soprattutto a Milano aveva di fatto indetto un referendum su se stesso. Le ha perse la Lega, che dopo tanti anni di “avanzate” elettorali ha subito uno stop (soprattutto d’immagine) nonostante portasse in dote ai “popoli del nord” il federalismo. E le ha perse il terzo polo, che a conti fatti ha dimostrato, almeno in questa tornata elettorale, di “pesare” ben poco. Quello che ci sembra meno chiaro, nonostante l’enfasi di Repubblica, e chi invece le abbia vinte queste elezioni. Ha vinto il PD? Sicuramente il partito di Bersani (l’uomo con le maniche di camicia arrotolate) porta a casa un risultato in controtendenza rispetto a tutte le tornate elettorali a cui aveva partecipato, eppure a Milano e Cagliari i candidati vincenti gli sono stati imposti con le primarie, eppure a Napoli subisce un vero e proprio tracollo, e a Bologna il candidato sindaco passa al primo turno per un pelo (800/900 voti). Allora le ha vinte l’IDV? Il risultato di De Magistris è certamente notevole, nonostante questo, però, nel resto del Paese il partito di Di Pietro arranca e spesso addirittura arretra rispetto alle precedenti amministrative. Quindi le ha vinte SEL? E’ fuor di dubbio che Pisapia e Zedda siano due intuizioni del governatore della Puglia, ma è altrettanto evidente che il partito di Vendola vola molto più basso di quanto gli veniva accreditato in tutti i sondaggi negli ultimi mesi, ed anche a Milano non sfonda, anzi. Dunque le ha vinte la FdS? Sicuramente sia Ferrero che Diliberto sono tornati a prendere una boccata d’ossigeno, eppure in molti comuni ciò che resta del comunismo parlamentare è ridotto davvero ai minimi termini, surclassato perfino da un partito totalmente virtuale come il movimento di Beppe Grillo. Insomma, alla fine dei conti, chi le ha vinte queste benedette elezioni? Come avrete capito almeno per noi non è poi così chiaro e sicuramente per trarre un bilancio più corretto bisognerà aspettare i ballottaggi. A naso la sensazione è che sia stato soprattutto un fragoroso voto contro il berlusconismo, un segnale dell’inizio della fine di un ciclo politico che ha dominato l’Italia nel ultimo ventennio, ma in totale assenza di un’alternativa chiara e di un progetto condiviso. Nelle prossime settimane sarà interessante comprendere se questo accelererà o meno la discesa in campo del partito dei padroni e se il “sor tentenna”, Luca Cordero di Montezemolo, romperà gli indugi ponendosi alla testa della “modernizzazione”. Quel che è certo è che oggi, almeno a leggere le dichiarazioni di molti esponenti della cosiddetta sinistra radicale, ci è sembrato di assistere ad una partita del gioco dell’oca. Con Ferrero e Vendola ad auspicare la ricomposizione del centrosinistra e ad invocare il grande fronte democratico contro Berlusconi (e col PD filo Marchionne e bellicista) rispolverando, di fatto, l’Ulivo. Paga la posta e ritorna alla casella del 2006. Come se nulla fosse accaduto. Come se il tracollo del 2008 non avesse insegnato nulla. Come se la camicia di forza del bipolarismo fosse l’unico orizzonte possibile. Contraddicendo a quello che diceva Mao il disordine sotto il cielo è grande, ma la situazione è tutto fuorchè eccellente. Almeno per i lavoratori, per cui l’autonomia politica, sociale e cultare è molto di là da venire.