Nasce il calendario proletario

Nasce il calendario proletario

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Da questa settimana pubblicheremo, con aggiornamento settimanale e su un’apposita pagina, quello che “accadde oggi” nella storia del movimento operaio, rivoluzionario, anticolonialista e, in generale, progressista. Un calendario tutto nostro, dove al posto di santi e beati compaiono finalmente le date che hanno segnato le nostre vite come quelle di chi ci ha preceduto nel tentativo di “assaltare il cielo”.

da DIARIOT 2008/2009
Sono poche le cose che riescono a restituirci l’idea del tempo che passa quanto un’agenda calendario. Impegni presi, appuntamenti futuri, che con lo scorrere dei giorni diventano passato e quindi storie. Storie individuali le cui traiettorie finiscono inevitabilmente per intrecciarsi con le altre Storie, quelle con la S maiuscola, quelle collettive, quelle che a volte finiscono sui libri. Eppure proprio quello che per i lavoratori e gli sfruttati fino a qualche tempo fa sembrava essere un dato di fatto, la consapevolezza di far comunque parte di un percorso comune, è sistematicamente messo in discussione dall’ideologia dominante. Si recidono i nessi che ci legano ad altri come noi e alle generazioni che ci hanno preceduti per confinarci nel limbo di un eterno presente. Perché, per chi smarrisce il senso del passato, l’idea stessa del futuro perde di significato e diventa sempre più sfocata. E così si finisce col percepire la realtà che ci circonda come l’unica realtà possibile e il mondo intorno a noi non ci appare più come il prodotto storico dell’azione dell’uomo ma come qualcosa di immutevole che ci avvolge e ci invischia, impedendoci di essere protagonisti del nostro destino. Condannati ad accettare delle vite precotte, come se fossimo comparse inconsapevoli nella sceneggiatura di Matrix, l’unico orizzonte che ci si prospetta è quello della rassegnazione. Rassegnati ad un lavoro precario e alla mancanza di diritti per un verso, e rassegnati ad essere consumatori passivi ed acritici per un altro verso. Ecco come ci vorrebbero. Oltre 60 anni fa George Orwell scriveva che chi controlla il presente controlla il passato, e chi controlla il passato controlla il futuro. Non è quindi un caso che proprio sull’uso pubblico (e politico) della storia si combatta, oggi, una battaglia cruciale.
Così come non è un caso che la classe dominante abbia dispiegato a tale scopo tutto il proprio arsenale ideologico. Dai maitre a penser che ogni giorno pontificano dalle colonne dei quotidiani agli imbonitori televisivi, dalle fiction revisioniste alle megaproduzioni cinematografiche. Quella che viene presa di mira è tutta la storia degli oppressi, contrapponendogli una visione liberal-democratica, con l’obiettivo fondamentale di distruggere il nesso logico rivoluzione-miglioramento. Sostenendo implicitamente che il ciclo apertosi con la rivoluzione francese e il giacobinismo si sia definitivamente chiuso con l’implosione dell’unione sovietica e il crollo del muro di Berlino, cosicché l’unico orizzonte possibile è quello capitalistico. I grandi imputati sono quindi Marx e i marxismi, la democrazia diretta e il comunismo. Si vuole espellere non solo dal dibattito politico, ma anche dall’immaginario collettivo, la possibilità stessa di una trasformazione radicale dell’esistente. Allora anche un’agenda (particolare) come quella che avete tra le mani può diventare uno strumento di memoria. E di lotta.
Contro chi vorrebbe mutilarci della nostra storia, ma anche contro quella “sinistra” che per essere accettata a corte, o in nome di un effimero “nuovismo” postnovecentesco, ha bruciato ogni ponte dietro di se rinnegando le proprie radici e le proprie identità.
Noi, invece, quei ponti non solo vogliamo mantenerli ben saldi, ma vogliamo attraversarli più e più volte, in avanti e in dietro. Perchè la storia, soprattutto la nostra, quella del movimento operaio e dei rivoluzionari, non è un mausoleo polveroso e non ha certo bisogno di custodi immobili. La nostra storia costituisce quella che Walter Benjamin chiamò la “tradizione degli oppressi”, una memoria collettiva in grado di “svelare il senso di ciò che è in base sulla base di ciò che è stato”. La nostra storia è un patrimonio di lotte e di esperienze imprescindibile per chi, come noi, si ostina a preparare un nuovo assalto al cielo.