Oggi come ieri: Organizzazione Contro il Padrone
È finita l’estate, per fortuna. In attesa che le avanguardie sindacali e politiche organizzassero negli anni alle nostre spalle l’autunno caldo ci sono venuti i capelli bianchi. Adesso però qualcosa sta cambiando: l’orgoglio operaio accetta sempre meno la delega. Aumentano le assemblee autoconvocate, in giro per il Paese. Ieri siamo stati, insieme a numerosi compagni di Napoli, a quella (Operaia e Popolare) indetta dagli operai della Fiat di Cassino. Sala piena, grande indignazione, grande consapevolezza. L’operaio è IN SE’ un soggetto rivoluzionario, non ce lo dimentichiamo. L’ondata partita da Pomigliano (presenti anche ieri i compagni della Fiat) non si è ancora esaurita. Le chiacchiere degli affabulatori, le tecniche di distrazione, i culi televisivi possono abbindolare solo fino a un certo punto, poi c’è la quotidianità di chi lavora sulla linea di montaggio tutti i giorni e assiste al tentativo di ripristinare la schiavitù al posto dello Stato di diritto. C’è la consapevolezza che non esiste un “piano Marchionne”: esiste piuttosto un “metodo Marchionne”, che è stato capace – con la complicità di TUTTO il ceto politico – di spezzare lo strumento del contratto collettivo, inaugurando una stagione che ci porta di nuovo all’Ottocento. Al lavoratore viene proposto un contratto-capestro, se accetta, bene, altrimenti la fabbrica chiude. Ovviamente il “metodo Marchionne” è già stato felicemente applicato in molte aziende che non hanno le dimensioni e la visibilità della Fiat: appaltatrici, contoterzisti e indotto già hanno conosciuto un netto peggioramento delle condizioni lavorative, sempre a scapito della sicurezza sul posto di lavoro, barattata con l’ipocrita retorica sulle cosiddette “morti bianche”. È importante smascherare questi meccanismi e non è certo un caso che a farlo siano stati i lavoratori, laddove celebri analisti e servitù intellettuale blaterano sulla necessità di aumentare la produttività. Tutto il contrario: per non combattere solo battaglie di retroguardia, consapevoli che la miglior difesa continui a essere l’attacco, ribadiamo le proposte per oggi (aumento salariale e riduzione orario di lavoro), per domani (uscita dall’Unione Europea e nazionalizzazione delle banche, per il cui salvataggio stiamo pagando l’ennesima manovra “lacrime e sangue”), per dopo-domani (la costruzione di un partito dei lavoratori in un’ottica di classe).
Quella sulla Fiat è una battaglia dirimente: la questione non riguarda un referendum vinto, perso oppure perso di poco (sempre che Marchionne insista con lo strumento del referendum, dopo le recenti batoste prese), ma la salvaguardia di migliaia di posti di lavoro, con la premessa che il lavoro deve essere rispettoso della dignità umana. Ormai solo un coglione (cioè i giornalisti del Corriere della Sera e di Repubblica) non capirebbe che la Fiat non è più interessata alla produzione in Italia e sta svolgendo un ruolo politico: apre la porta – ormai è diventato un portone – alla destrutturazione delle conquiste operaie degli anni Settanta, fungendo da cavallo di troia (con tutta la simpatia per la mamma di Marchionne) per l’intero padronato, di certo non solo per i damerini della Fiat. Ma se si parte dagli operai, agli operai si ritorna: basta (ovviamente) con i sindacati confederali, con una credibilità pari a quella di Pulcinella, ma basta anche con i settarismi e i personalismi dei sindacati di base. Con gli strumenti “classici”, dei quali si è sempre dotato, il movimento operaio oggi perderebbe questa e molte altre battaglie: l’auto-organizzazione dei lavoratori e dei delegati sindacali, a prescindere dalla sigla, è un primo passo concreto verso la riscossa. Sappiamo che in tutte le Regioni iniziano a diffondersi assemblee come quella di Cassino, con il vantaggio (come ricordato proprio ieri) che anticipare il calendario di referendum e firme su accordi – senza dover inseguire trafelati le date imposte dal padrone – permette di sviluppare al meglio quella che è stata sempre l’unica arma del proletariato: l’ORGANIZZAZIONE.