PD e Polizia fanno politica in compagnia
Negli ultimi giorni Roma sembra essere la cartina di tornasole del nuovo assetto politico che la controparte sta mettendo a punto per arginare (se non sradicare) l’opposizione sociale che sembra lievitare, con intensità diverse, in tutto il Paese. Le cariche indiscriminate della polizia nello sgombero che ieri ha messo in strada oltre 200 famiglie nel quartiere Montagnola sono solo la punta di un iceberg emerso alcuni giorni fa. Ma allo stesso tempo, quelle stesse cariche sono anche l’evidente espressione del primo, nuovo passaggio che l’amministrazione romana guidata dal Partito Democratico sta sperimentando sulla pelle dei movimenti. Non è sulle cariche che vogliamo porre l’accento, anche se questa volta è doveroso dire apertamente che si è trattato di cariche pesanti, eseguite a freddo, contro intere famiglie indifese in termini di equipaggiamento ma decisamente motivate e determinate sotto il profilo politico della resistenza allo sgombero. Preme invece, e crediamo non solo a noi, guardare oltre il singolo episodio e provare a leggere un quadro politico che si sta definendo in tutta la sua complessità. In occasione dello sgombero delle occupazioni “giovanili” di Godot e Neet Bloc, avevamo sottolineato come la priorità della controparte fosse stata quella di dare un segnale di intolleranza verso i tentativi di aggregazione territoriale e sperimentazione politica; un rischio, quello di veder crescere e proliferare una nuova leva di militanti, che l’amministrazione comunale non ha voluto correre. I fatti dei giorni seguenti sono oggi storia nota: la giusta rabbia espressa nella sede dei gruppi consiliari della maggioranza di giunta; azioni e blitz su tutto il territorio nazionale contro le sedi del mandante politico, il PD; poi, le cariche di sabato scorso al corteo e quelle molto più politiche di oggi. Lo sgombero di ieri, nonostante la diversa composizione dell’occupazione, oggi si pone sullo stesso binario. Se fino a qualche tempo fa la nostra voce si univa ad un ampio coro che vedeva nel partito di Marino e Renzi il principale responsabile di questa stretta repressiva, gli ultimi accadimenti ci consegnano altri elementi che vanno a completare un quadro di per sé già in trasformazione. La gestione del conflitto sociale attraverso gli organi di polizia e magistratura ci indica chiaramente che mentre la giunta Marino perde assessori e credibilità (ammesso che ne abbia avuta mai, fuori da queste latitudini) proprio all’inizio della campagna elettorale per le europee, la momentanea transizione viene gestita congiuntamente dal PD e dalla Questura di Roma. Se fino a tempi recenti la mediazione politica delle istituzioni locali aveva mitigato (senza però mai cambiarlo) il clima in cui si voleva soffocare il movimento, oggi quelle stesse forme di concertazione vengono riposte nei cassetti della Questura per dare spazio all’intransigenza e alla “linea dura”. Si badi che questo, però, non lascia evincere un ottimale stato di salute della controparte. La soluzione mediana cui hanno sempre ricorso per non esasperare il conflitto, ovvero quello di una tolleranza saltuaria alle zone e alle situazioni di extra-legalità, non è oggi concepibile per la natura che lo stesso conflitto sta mettendo in campo. Emergenza abitativa, attacco al salario e ai diritti del lavoro, tagli alla spesa pubblica e alla sanità, privatizzazione delle partecipate, erano e rimangono le realtà ignorate da chi siede dall’altra parte della barricata. E la risposta a chi oggi fa opposizione sociale non può quindi misurarsi su un terreno squisitamente politico. Terreno di conflitto, semmai, diventa quella giudiziario. Nella mattinata in cui veniva sgomberata l’occupazione di Montagnola, a Regina Coeli venivano effettuati gli interrogatori di garanzia ai 4 compagni che dal corteo di sabato si trovavano ancora in carcere. A tutti e quattro sono stati convalidate le misure cautelari con la detenzione ai domiciliari, in attesa del riesame che si dovrebbe fare tra una decina di giorni. Una decisione estremamente pesante che reca con sé un retrogusto molto politico, vista l’assenza di ulteriori prove e la sola presenza dei verbali della Questura e le indicazioni del PM. Una decisione, soprattutto, che sembra voglia regalarci quel senso di esemplarità a cui ci vogliono preventivamente condannare tutti. Tra le molte discussioni che si dovranno fare a partire dai prossimi giorni, un discorso come questo – che siamo certi non stiamo facendo solo noi – dovrà essere una valutazione fondamentale su cui tarare ogni passaggio collettivo. La definizione del nemico di classe sgombra sempre il campo da molti dubbi e aiuta nella scelta di obiettivi e pratiche collettive.
Non possiamo non chiudere questa breve riflessione salutando calorosamente i compagni ai domiciliari, quelli e quelle che ieri si sono ammaccati senza piegarsi e le molte famiglie che si preparano già ai prossimi passaggi di lotta.