Perchè non votiamo?
L’abbiamo già spiegato cento volte, ma, come si suol dire, repetita iuvant: a queste elezioni, come alle elezioni scorse, noi non andremo a votare. Perché? Brevemente, spiegheremo le nostre ragioni.
1) Non votiamo perché ci siamo stancati di votare sempre e solo il meno peggio. La logica del meno peggio ha spalancato le porte, in questi anni, al peggio del peggio. Fino a qualche anno fa uno scontro fra una neo-liberista come la Bonino e una neo-ex-fascista come la Polverini sarebbe stata impensabile, oggi è la realtà e neanche una delle peggiori. Noi, personalmente, non ci adeguiamo. E se fra cinque anni lo scontro invece di essere fra la Polverini e la Bonino fosse fra la Polverini e Storace, dovremmo votare la Polverini perché sarebbe la meno peggio? E se fra dieci anni lo scontro fosse fra Storace e Iannone cosa dovremmo fare, votare Storace? Questo tanto per delineare il percorso che in questi anni hanno intrapreso le elezioni, i partiti e i candidati. Uno scivolamento inesorabile verso destra del centrosinistra e del centrodestra, convinti in ogni caso che il voto a loro non sarebbe mancato, perché pur turandosi il naso avrebbero avuto la consueta risposta dagli elettori. E invece noi non capiamo perché dovremmo dare il voto turandoci il naso. Perché? Non ha senso, il voto è una cosa importante e lo do a chi credo lavorerà bene con la mia delega (che gli garantirà, non ultimo, un discreto stipendio..)
2) Non votiamo perché non ci sono candidati presentabili, e in ogni caso qualsiasi lista o persona votassimo, porterebbe comunque acqua al mulino di uno dei due candidati di destra, la Polverini e la Bonino. La Bonino, tanto per chiarire, è quella filo-israeliana anti-palestinese, quella che vuole cancellare l’articolo 18, che vuole approvare tutte le liberalizzazioni e le privatizzazioni, che vuole liberalizzare il mercato del lavoro, e chi più ne ha più ne metta. Qual è la differenza con la Polverini? Nessuna
3) Non votiamo perché non è presente nell’offerta elettorale nessun partito al di fuori del partito della borghesia PD-PDL. Sono tutti apparentati, dunque l’unico mezzo in nostro possesso che possiamo sfruttare è quello di far salire l’astensione, così da lanciare un messaggio non a un partito ma, più in generale, al sistema politico-partitico-elettorale, un messaggio che dica che noi non ci adeguiamo e che rifiutiamo in toto questa farsa elettorale
4) Non votiamo perché il voto è una cosa seria, al quale noi diamo grande importanza. Non siamo astensionisti per principio, anzi abbiamo quasi sempre votato. Negli ultimi anni però c’è stato uno smottamento politico non indifferente, che ha portato la democrazia partitica italiana a farsi rappresentare unicamente da due frange partitiche di uno stesso ragionamento e di una stessa ideologia comune: il neoliberismo. Una volta, e fino a pochi anni fa, non era così, e anche con le dovute distanze politiche c’era una differenza fra un militante o un candidato del PCI, o del PDS rispetto al PD-PDL. La democrazia si è uniformata al modello anglosassone, una unica fazione con due partiti, uno moderato neoliberista, uno moderato liberista. Anche l’ipotesi socialdemocratica è scomparsa. Come possiamo scegliere quando ci viene tolta la libertà di scelta?
5) Non votiamo perché non è vero che chi non vota poi non si può lamentare, anzi, è vero esattamente il contrario: a noi questo sistema politico ed economico non ci piace, dunque non lo avalliamo. La presenza di nostri candidati all’interno delle istituzioni può essere a volta utile, a volte inutile. Dipende dalle circostanze, dalle situazioni. In questa elezione non ci sono né partiti vicini a noi, né tantomeno candidati accettabili, dunque niente e nessuno merita di stare seduto al consiglio regionale con il nostro voto.
6) Non votiamo perché stiamo vivendo, come movimenti, un momento di assoluto riflusso e di apatia politica. Pensare di vivacchiare sotto un centrosinistra più flessibile piuttosto che subire cocenti randellate politiche e fisiche sotto un centrodestra più arrogante è una visione della politica, del conflitto e della nostra strategia assolutamente di corto respiro. Dobbiamo ripartire da noi e cercare di ri-emergere, di trovare una via di sbocco che ci possa riportare a contatto con la società, e non sperare di sopravvivere sotto un centrosinistra che, nel migliore dei casi, non ti si inculerà di pezza, pensando così di alimentare ancora il conflitto. No, le batoste di Alemanno, pur in tutta la loro drammaticità e nel loro fascismo strisciante, ci hanno aperto gli occhi sulla nostra reale forza; siamo deboli, e mascherarlo dietro un governo del territorio più flessibile non è certo la via d’uscita.
Concludiamo dicendo che non stiamo certo criticando chi invece andrà a votare Bonino turandosi il naso. Purtroppo, il sistema elettorale e politico di questo paese questo ci presenta davanti, e ognuno reagisce come può. Nel frattempo, noi torneremo a votare quando ci saranno dei partiti, o dei movimenti, o dei candidati, realmente espressioni dei quartieri e delle periferie, insomma dei territori. Non pretendiamo certo programmi rivoluzionari, lungi da noi il massimalismo sterile e fine a se stesso, ma quantomeno il riconoscimento che questa importante delega, e cioè il voto, venga data a seguito di un percorso visibile e riconoscibile, al di la delle distanze politiche. Non siamo obbligati a dare il nostro voto a nessuno, e concederlo è un atto importante in una democrazia borghese come la nostra. L’astensione è un arma, usiamola!