Pomigliano trent’anni dopo Mirafiori…
Doveva essere la riedizione della marcia dei 40mila. A trent’anni esatti da quella manifestazione che sancì simbolicamente la fine di un ciclo di lotte operaie, la sconfitta del movimento dei lavoratori e l’inizio di una ristrutturazione selvaggia, era chiaro l’obiettivo della FIAT: dimostrare l’isolamento degli operai. Perchè Marchionne, come confesserà una delle impiegate partecipanti alla parata ad un giornalista de Il Manifesto, a Pomigliano non vuole solo vincere, vuole stravincere. Vuole garantirsi che l’accordo, una volta ratificato dal plebiscito padronale organizzato per martedì, non si infranga poi contro la resistenza di chi in fabbrica ci va davvero. Vuole far si che questo sia solo un primo passo verso l’abolizione del contratto nazionale e lo smantellamento dello Statuto dei lavoratori. Perchè, se qualcuno non lo avesse ben chiaro, è così che i padroni intendono uscire dalla crisi, comprimendo salari e diritti. Ma la storia, è cosa nota, se la prima volta si presenta sotto forma di tragedia poi si ripropone come farsa. E di fatti così è stato. Meno di mille partecipanti, quasi tutti impiegati con le loro famiglie, e pochissimi operai. A nulla sono valsi il tam tam mediatico e gli sforzi del sindaco del PDL che ha fatto sfilare anche i suoi militanti. Dove non è arrivato il rispetto per la propria dignità questa volta c’ha pensato la pioggia a fare pulizia, disperdendo prima dell’arrivo i partecipanti alla processione per Santo Marchionne. E bene hanno fatto i COBAS a ricordare ai “manifestanti” che cos’erano: servi del padrone. Poi, in serata, si è assistito all’ennesimo miracolo di San Gennaro, con questura e scribacchini a libro paga FIAT impegnati a quintuplicare le cifre fornite dagli stessi organizzatori. Del resto, se sei guardia o giornalista, i tuoi sporchi soldi te li devi pur guadagnare.