Privatizzare? Attaccateve a ‘sto quorum!
Il referendum per la privatizzazione dell’Atac è stato un vero flop e solo il 16% degli aventi diritto al voto ha deciso di esprimersi sui due quesiti promossi dai radicali. Il 20% in meno di quelli che nel 1997 si erano recati alle urne per il precedente referendum consultivo sulla privatizzazione della Centrale del latte e dell’Acea. Segno evidente che il richiamo al privato e al libero mercato ha perso un po’ del suo smalto. Che sarebbe andata a finire così lo si intuiva già da molto tempo, visto che perfino quel network informale che i cubani chiamano “radio bemba” ha bellamente ignorato l’avvenimento: nei bar, nei mercati e nei quartieri popolari nessuno, ma proprio nessuno, ha dimostrato il benchè minimo interesse per la consultazione promossa dai Radicali, appoggiata dal Pd e sponsorizzata dall’intero apparato mediatico cittadino.
E questo nonostante il fatto che fin dalla raccolta delle firme i promotori abbiamo surrettiziamente provato a far passare il referendum sulla privatizzazione come una sorta di giudizio sulla qualità del servizio fornito dall’Atac. Ancora questa mattina nelle cronache locali il messaggio che si tenta di far passare è che alla fine ad esprimersi siano stati quasi esclusivamente quelli che i mezzi pubblici li prendono ogni giorno, proponendo spericolate equiparazioni tra il numero dei voti per il SI e quello degli abbonati (sic), e che dunque quei voti debbano comunque pesare sul futuro dell’azienda. Questa sarebbe dunque la “democrazia recensiva”, per il PD e i Radicali, ai tempi di Tripadvisor.
La mappa del voto, però, ci dice esattamente il contrario. L’affluenza è stata più alta nei quartieri del centro e in quelli governati dal PD (I municipio 20,8%; II municipio 25,4%; VIII municipio 19,3%) e non c’è nemmeno bisogno di scomodare qualche sociologo per capire che non si tratta certo di quartieri abitati da pendolari, ma anzi di zone dove il servizio funziona “meno peggio” che altrove. Tutto bene dunque? Non proprio, e sarebbe sbagliato provare a leggere in maniera troppo ottimistica questo risultato che è figlio più della passivizzazione che non della mobilitazione popolare Si conferma ancora una volta la frattura fra la città della Ztl e quella delle periferie, ma nessuno dalle nostre parti sembra in grado di adoperare questo spazio politico e sociale che invece è stato occupato prima dai Cinque Stelle e che adesso sembra terra di conquista per la Lega.
Proprio la questione dei trasporti dovrebbe e potrebbe essere uno di quegli ambiti in cui riuscire a proporre un’idea di città alternativa a quella proposta dal modello neoliberista, partendo dall’assunto che il diritto alla mobilità è un diritto sociale e che il trasporto pubblico non può essere privatizzato, ma nemmeno gestito privatisticamente. Soprattutto in una città slabbrata come Roma l’Atac non dovrebbee fare profitti o puntare al pareggio di bilancio, ma garantire una mobilità efficiente e dignitosa dal primo pendolare che si alza alle quattro di mattina per andare a lavorare in un bar del centro fino all’ultima vecchietta che abita a Borgata Finocchio e la domenica vorrebbe arrivare al cimitero di Prima Porta.