que viva chavez
Qualche ora fa, curiosando in rete, ci siamo imbattutti in un articoletto sulla visita di Chavez a Venezia scritto a quattro mani da Gianfranco Bettin e Beppe Caccia il 9 settembre per globalproject.info. Lo riproponiamo di seguito e per intero prima di commentarlo (le sottolineature sono nostre).
Fotogrammi paradossali dalla Mostra del Cinema.
Il giorno dell’inaugurazione la polizia distribuiva un po’ di terapeutiche manganellate ai lavoratori precari dello spettacolo e della cultura, agli studenti dell’Onda. La loro colpa? Manifestavano con un obiettivo decisamente “riformista”, quello di opporsi ai tagli indiscriminati che stanno falcidiando il Fondo Unico per lo Spettacolo, l’istruzione pubblica, l’università e la formazione più in generale e, al contempo, di rivendicare – come del resto sta avvenendo nell’America di Obama – la necessità di investire cospicue risorse sulla cultura e la ricerca, e sulla garanzia di un reddito dignitoso per chi vi lavora, come efficace misura anti-crisi, scommessa vincente sul futuro delle Paese e delle sue più giovani generazioni. Ma no, loro non dovevano sporcare con la loro protesta il “red carpet” su cui sfilavano Fabrizio Corona e il ministro Bondi.
L’altro ieri, invece, un tripudio di bandiere rosse e striscioni di benvenuto, per i “rivoluzionari” che formavano il comitato d’accoglienza del presidente venezuelano Chavez. Una vera star, accolta con tutti gli onori, quelli da protocollo riservati ad un Capo di Stato, forse il primo al Lido dopo Mussolini e Hitler, e quelli “militanti” tributatigli da pezzi importanti della “Sinistra” italiana.
Non ci sentiamo proprio di condividere tanto entusiasmo per la visita del Caudillo di Caracas. A noi, il suo profilo e la sua stessa storia (ed anche i nostrani innamoramenti) ricordano troppo da vicino, con qualche decennio di ritardo, quelli di un altro militare nazionalista del Sud del mondo, ammantato di ideologia socialista e seduto su una montagna di petrodollari, il colonnello Gheddafi. La storia e la realtà della contemporanea società venezuelana sono cose troppo complesse per essere liquidate in poche battute, ma è la figura stessa di Chavez che ha dimostrato, nel tempo, di aver poco a che fare con il vento di innovazione che sta soffiando in tutta l’America Latina, che ne ha modificato le strutture istituzionali e ha, pur tra mille contraddizioni, investito il rapporto tra i governi e i movimenti sociali.
Ma perché a certa Sinistra piace tanto questo (ex)parà? Crediamo sostanzialmente per due ragioni, da cui ci sentiamo eticamente e culturalmente distanti anni luce. La prima parla di un vecchio riflesso condizionato “antimperialista”, per cui “il nemico del mio nemico è necessariamente un mio amico”. Fatichiamo non poco ad immaginare di applicarla come bussola di orientamento nel mondo contemporaneo. La seconda denuncia la disperata ricerca di qualche nuova icona ideologica, di un’icona purché sia. Se qualcuno cerca Che Guevara e trova i Chavez ed i Gheddafi, farebbe meglio ad interrogarsi sulla necessità di fare a meno di qualsiasi icona e di mettersi, invece, alla faticosa ricerca di nuovi sentieri per il cambiamento.
Un’ultima cosa: Chavez è sbarcato a Venezia da un volo proveniente da Teheran, dove aveva pubblicamente esternato tutta la sua solidarietà “antimperialista” all’amico Ahmadinejad e aveva liquidato lo straordinario movimento di giovani e di popolo, per la libertà e la democrazia, conosciuto come “Onda Verde”, definendolo un “complotto della CIA”. A noi, tanto sarebbe bastato per dire che siamo con i ragazzi e le donne di Teheran e non con Chavez, e che a certa agiografia preferiamo di gran lunga coraggiose inchieste, come quella di Michael Moore, che proprio al Lido ha ricordato a tutti che “quando la gente si ribella, tutto diventa possibile”.
In una delle sue canzoni più belle De André ricordava che la gente dà buoni consigli se non può più dare il cattivo esempio. Chissà com’è, ma mentre leggevamo l’articolo di Bettin e Caccia ci è venuto da canticchiare questi versi. Già, perché raramente ci era capitato di imbatterci in uno scritto tanto breve quanto denso di pregiudizi da poter essere preso quasi a paradigma di uno dei peggiori difetti della sinistra europea: l’eurocentrismo. Stiamo parlando di quell’insopportabile spocchia intellettuale con cui esponenti di una sinistra in decomposizione (nessuno si senta escluso) si arrogano spesso il diritto di fare le pulci a chi pur fra mille difficoltà ed errori sta cambiando le cose realmente e non sulle pagine di qualche libro illeggibile. Un vezzo e un vizio di un ceto politico (perchè Caccia e Bettin questo sono visto che fanno i consiglieri comunali e regionali con i Verdi e campano grazie alla “Sinistra” che tanto aborriscono) che non solo non riesce ad analizzare i propri fallimenti (nessuno si senta escluso – repetita juvant), ma ha addirittura la presunzione di salire sul pulpito per pontificare Urbi et Orbi e per spiegare a quei poveri “sprovveduti” di latinoamericani come si fanno le cose. Chavez viene quindi sommariamente liquidato come un “caudillo”, e poco importa se il rapporto tra masse popolari (o dovremmo dire moltitudine?) e lider (lo scriviamo in castigliano) abbia in America Latina dei tratti di peculiarità che andrebbero analizzati con un po’ più di curiosità intellettuale. Sempre secondo i due, che dimostrano di conoscere veramente poco quanto accade nel Cono Sur, Chavez sarebbe addirittura estraneo alle trasformazioni in corso in latinoamerica. Si, talmente estraneo che di fatto le finanzia. E per amore di sintesi citiamo solo l’ALBA (per Caccia e Bettin: è l’Alternativa Bolivariana per le Americhe). La realtà è che senza le risorse energetiche di cui dispone il Venezuela, e senza il capitale umano messo a disposizione dalla rivoluzione cubana, molte delle riforme sociali in corso sarebbero semplicemente impossibili o dovrebbero essere rimandate sine die pregiudicando irreparabilmente i processi rivoluzionari in corso. La cosa più incredibile, però, è che nonostante la storia di questi ultimi anni si sia assunta il compito di far piazza pulita di alcune categorie che i nostri hanno ripetutamente spacciato per nuove (impero, moltitudine, esodo, fine del lavoro, ecc. ecc.) questi continuino imperterriti a ritenersi i custodi della verità. Così come gli idealisti sbertucciati da Marx, quando la realtà non collima con le loro teorie, non aggiornano le teorie ma mistificano la realtà. Forse un giorno sarebbe il caso di riflettere serenamente su quanto queste derive abbiano inciso sui disastrosi approdi della sinistra europea. Per quanto riguarda le cosiddette rivoluzioni “colorate”, che tanto piacciono ai media nostrani e alle anime belle della sinistra, forse sarebbe il caso di accostarsi al mondo con qualche semplificazione in meno. Si eviterebbe così di eprendere cantonate come quella di qualche anno fa con Radio B92 nella ex jugoslavia che poi è stato dimostrato essere finanziato dal NED, ovvero dalla CIA. Sempre a tal proposito si legga questo interessante articolo di Eva Golinger. Per quanto ci riguarda noi stiamo con Chavez e la rivoluzione bolivariana, perchè se un altro mondo è possibile non potra che essere socialista.
E adesso puoi togliermi i piedi dal collo, amico che m’hai insegnato il come si fa, sennò ti porto indietro di qualche minuto, ti metto a conversare, ti ci metto seduto, tra Nelson e la statua della Pietà, al ballo mascherato della celebrità.