Roma non si sgombera
La lista dei 24 spazi occupati considerati da questo governo come obiettivi da colpire è solo l’ultimo atto di una lunga serie di provvedimenti volti a dare un chiaro segnale di intolleranza nei confronti di una città che non si vuole piegare alla nuova china reazionaria, e che ha sempre rivendicato il diritto a costruire un’alternativa concreta a partire proprio da quegli spazi salvati dall’abbandono e liberati dalla speculazione.
L’approvazione del decreto sicurezza bis – un deciso inasprimento del decreto sicurezza precedente – si inscrive nel solco profondo della stretta autoritaria già inaugurata dal decreto Minniti e restituisce la vera cifra di questo governo, il quale non ha mai mostrato la minima esitazione quando si è trattato di adottare misure repressive nella gestione del conflitto sociale e più in generale delle varie lotte e contraddizioni che attraversano questo paese: dall’emergenza abitativa alla disoccupazione di massa, dalle lotte per rivendicare servizi pubblici alla gestione degli sbarchi. Una progressiva stretta autoritaria che non può che far riflettere chiunque in questo paese si misuri con le necessità pratiche delle lotte sociali e il corrispettivo repressivo che non tarda mai ad arrivare, come abbiamo visto anche di recente con le cariche nei confronti dei facchini della Fniper in provincia di Cremona.
Se infatti nei pressi dei magazzini della logistica l’effetto Salvini prende la forma dei manganelli che si abbattono sugli operai che lottano per un salario dignitoso e per non essere costretti alla fame dalle cooperative che proliferano grazie ai subappalti delle grandi catene di distribuzione, nelle grandi metropoli come Roma il cambio di marcia segue i vari provvedimenti anti-degrado e l’approvazione dell’ultimo regolamento di polizia urbana – l’ennesimo straordinario salto logico che pretende di combattere le cause del declino di questa città come le privatizzazioni, la carenza di servizi e la disoccupazione inibendone gli effetti con una sfilza di norme anti-qualcosa volta a limitare il consumo di alcool, scoraggiare la movida o perseguire l’accattonaggio – e prende il volto delle minacce di sgombero sempre pronte ad essere tirate fuori dal cassetto quando il clima lo rende necessario.
In una città dove la parola degrado si legge speculazione edilizia, dove il numero di stabili tenuti artificiosamente sfitti ha raggiunto ormai cifre a cinque zeri e l’unico modello possibile sembra essere quello che vede un centro anestetizzato dal conflitto, svuotato da consistenti fasce di popolazione e totalmente piegato al turismo di massa da una parte, e un’ipertrofica periferia con la cronica carenza di servizi, le inesistenti opportunità e la disoccupazione crescente dall’altra, il governo minaccia senza esitazione proprio quelle esperienze che tentano di strappare del terreno alla gestione privatistica e prona agli speculatori di questa città, e che lo fanno con la prospettiva di restituire a chi la abita spazi e attività prima inutilizzati o inesistenti.
Il corteo di questo sabato vedrà scendere in piazza queste realtà unite a tutte quelle che da sempre si battono per un’alternativa concreta alla gestione padronale della capitale.
Un’alternativa che parte dalla decisa difesa degli spazi sociali e degli stabili sotto minaccia di sgombero ma che deve puntare alla difesa delle periferie da una gestione politico-amministrativa che come unico risultato sembra avere la desertificazione urbana e la trasformazione delle aree periferiche in vere e proprie bombe sociali.
Una situazione esplosiva, quella delle periferie romane, che quando trova modo di sfogare lo fa, come abbiamo visto, sui soggetti più vulnerabili che le stesse periferie le abitano e dove il fascista di turno tenta sistematicamente di insinuarsi – magari chiamato da qualche generoso funzionario capitolino – proprio come a Tor Sapienza, Tiburtino III e Casalbruciato.
Combattere un’idea di periferia neutralizzata dall’abbandono e paralizzata dalla guerra tra poveri significa combattere quella che è la chiara risultante delle politiche a misura di palazzinaro che hanno caratterizzato con continuità tutte le recenti amministrazioni capitoline.
Sabato, a Piazza Vittorio, scenderà in strada la Roma solidale e contro gli sgomberi per ribadire la ferma resistenza a questa dichiarazione di guerra del Viminale e per mostrare che un’alternativa alla gestione padronale della città esiste ed è viva nelle strade romane.
E’ per questo che noi ci saremo, con la consapevolezza che sarà solo la prima di numerose giornate di lotta. Perché la difesa degli spazi dagli sgomberi è solo il primo passo di un percorso che dovrà guardare a una risposta decisa e unitaria a chi minaccia di voler normalizzare e neutralizzare la Roma che lotta.