Salviamo tereseh?
Questa sera, a meno di ripensamenti o di una grazia firmata in extremis, il boia porrà fine alla vita di una donna accusata e condannata per aver fatto uccidere suo marito e suo figlio. Non sappiamo se sia colpevole o meno. Non ci interessa. Siamo contro la pena di morte e crediamo che nessuno stato possa arrogarsi il diritto di togliere la vita ad un essere umano, fosse anche un criminale. Questa donna, però, ha evidentemente commesso un reato imperdonabile: è nata nel paese sbagliato. Fosse stata iraniana avrebbe almeno meritato le prime pagine dei giornali, Carla Bruni le avrebbe dedicato una canzone ed un appello che le star del jetset avvrebbero sottoscritto in massa, il PD ci avrebbe fatto un manifesto nazionale e sul Campidoglio avrebbe campeggiato la sua gigantografia. E invece no. Teresa Lewis è nata negli Stati Uniti, nella culla della “democrazia” occidentale, ragion per cui la sua storia non può essere nè strumentalizzata nè cavalcata da media e politicanti. Anzi, se possibile va taciuta o nascosta nelle pagine interne dei quotidiani. Non proviamo alcuna simpatia nei confronti di Ahmadinejad eppure questa volta non possiamo che dargli ragione quando accusa l’occidente di ipocrisia. Che fine hanno fatto i paladini dei diritti umani? Dov’è finita la mobilitazione internazionale? Cos’è, il suo nome è forse poco esotico?