Sempre più su, sempre più su (non vedo angeli nel cielo)
Riportiamo brevi stralci di un articolo sulla precarietà al tempo della crisi. Leggete e provate ad indovinare dove è stato pubblicato…
“DA flessibili a precari. Da precari a disoccupati.”… “Per gli atipici, piuttosto, questa è la stagione dei licenziamenti, mentre la precarietà allarga i suoi tentacoli e penetra in quella che era la cittadella dei garantiti del contratto a tempo indeterminato”… “S’avanzano valanghe di cassa integrazione e di mobilità. E almeno un milione di atipici rischia di finire nelle liste di disoccupazione. La flex-security resta un anglicismo e soprattutto uno slogan con poca fortuna nel Belpaese.”… “Si disse che bisognava rendere più facile l’ingresso nel mercato del lavoro. E le generazioni più giovani hanno sperimentato tutte le vie d’accesso. Ma ci si accorge oggi che è soprattutto più facile licenziare. O non rinnovare i contratti a tempo, che poi è lo stesso. Così – stando a un sondaggio di Eurispes – oltre il 46 per cento degli italiani ritiene che le nuove regole del mercato del lavoro abbiano soltanto reso più difficili le possibilità occupazionali dei più giovani.”… “Tre economisti del sito de lavoce. info (Fabio Berton, Matteo Richiardi e Stefano Sacchi) hanno stimato che a dicembre sarebbero scaduti 300 mila contratti a tempo determinato e solo una parte di questi (meno del 38 per cento) avrebbe poi potuto ottenere il sostegno al reddito. Perché – nell’epoca della produzione just in time e, appunto, della flessibilità del lavoro – il sistema degli ammortizzatori sociali, salvo qualche intervento realizzato dall’ultimo governo di centrosinistra, non è ritagliato per le misure degli atipici.”… “In un’inchiesta di poco più di un anno fa, la Ces (la Confederazione dei sindacati europei) ha stimato che l’esercito dei lavoratori vulnerabile (o perché no? working poor, come negli Stati Uniti) ha superato i 30 milioni in tutto il continente”… “Infine, dopo essere stati tanto flessibili e poi anche precari, i nostri lavoratori atipici difficilmente saranno pensionati, almeno come concepiamo noi adesso questa categoria. Certo – quando lavorano – versano i contributi previdenziali, e il loro è uno dei fondi dell’Inps con il migliore attivo. Ma serve per pagare le pensioni dei loro padri. E forse anche i prepensionamenti decisi, ancora una volta, dall’arroganza della recessione.”
Questi brevi stralci di analisi sui risvolti che avrà la recessione economica sul mondo del lavoro e in particolare sui lavoratori atipici non provengono da qualche studioso marxista né da qualche giornale comunista. Non sono frutto di fumose tavole rotonde di qualche dirigente di partito. Non è neanche il ragionamento di qualche centro sociale o di qualche sigla extraparlamentare. E’ un semplice articolo di “Repubblica”, ed è la conferma che tutto ciò che abbiamo ribadito per anni e anni adesso viene pretestuosamente cavalcato da chi vuole rivolgere a proprio favore la crisi economica in funzione antigovernativa. Il pensiero di chi, dopo anni di esaltazione del libero mercato e del lavoro interinale, si accorge di aver detto valanghe di cazzate che non hanno retto (come non reggevano all’epoca) alla prima recessione economica. Questa si, prodotta direttamente dal capitale. Aspetteranno la crisi passare per tornare ad esaltare la libera concorrenza e il lavoro sempre meno garantito, per accusarci di essere fuori dala storia, dei veteromarxisti da operetta.
Noi non ci faremo ingannare da chi, creata e difesa la precarietà, adesso ci si scaglia contro per capitalizzare elettoralmente la crisi (neanche questo siete buoni a fare, coglioni…)