sono finiti gli anni 80?
Questa mattina la Repubblica ha dedicato un articolo di due pagine, a firma di Ilvo Diamanti, ad un interessante sondaggio della Demos-Coop. Secondo una rilevazione effettuata tra il 16 ed il 19 maggio sarebbe sensibilmente cresciuto il numero di persone che si percepiscono come facenti parte della classe operaia, mentre sarebbero diminuiti altrettanto sensibilmente quelli che si sentono parte del ceto medio. Dal 2006 i “proletari” sono infatti saliti dal 39,5 al 48,3%, e per contro la “piccola e media borghesia” è calata dal 52,7 al 42,8%. Stabili intorno al 6% quelli che invece si autodefiniscono come membri della classe dirigente. Leggendo questi dati, che comunque vanno presi con quel beneficio d’inventario che si merita ogni sondaggio, ci sono venute in mente due rapide considerazioni tra il serio ed il faceto. La prima è che pur essendo nella realtà molti di più di quel 48,3 %, già così saremmo più che sufficienti ad instaurare una bella dittatura del proletariato. E chi s’è visto s’è visto. La seconda considerazione ha invece a che vedere con la percezione che milioni di lavoratori hanno del proprio essere sociale e con la perdita di consapevolezza che è seguita alla sconfitta sociale, politica e simbolica maturata nel corso degli anni ’80. Quando, per dirla con il Cipputi di Altan, si passò dal freddo degli anni di piombo al calduccio degli anni di merda. Su questo e sul fatto che la classe è in sè ma non è per sè abbiamo già scritto molto ed evitiamo quindi di tornarci. Quello che crediamo vada colto da questo sondaggio è invece il fatto che la crisi, con tutta la sua drammaticità e le sue contraddizioni, sta forse ponendo fine a quella sorta di schizofrenia sociale che proprio in quel periodo si impossessò della società italiana. E’ da più di trent’anni, infatti, che milioni di lavoratori vivono in una sorta di realtà virtuale. Come i baccelli di Matrix: proletari dal collo in giù, ma borghesi nella testa. Una situzione figlia di un’offensiva ideologica senza precedenti che ha fatto il paio con la frantumazione di ogni legame politico-sociale e che ha trasferito la costruzione della propria identità sempre di più dal piano della produzione (per cui sono un edile, sono un operaio, sono un’insegnante…) a quello dei consumi (di merci, di tempo libero, di cultura… e per cui sono un emo, sono un truzzo, sono un ultras…). Le lotte operaie degli scorsi mesi avevano già rappresentato un robusto segnale di controtendenza, ora questo sondaggio, nel suo piccolo, conferma che finalmente si è aperta breccia e che sta solo a noi, collettivamente, approfittarne. Pillola rossa o pillola blu?