Trentasette anni dopo, per Valerio
Anche quest’anno ci avviciniamo alla ricorrenza dell’omicidio di Valerio Verbano, giovane militante comunista ucciso il 22 Febbraio del 1980 da un commando di fascisti, i quali precedentemente erano entrati nell’appartamento dove viveva a Montesacro, immobilizzando i suoi genitori. Gli assassini di Valerio, legati comunque all’eversione nera e ai Nar, non saranno mai scoperti nonostante la lunga battaglia portata avanti dalla madre Carla, scomparsa purtroppo cinque anni fa. Al di là dell’incapacità di uno Stato, per molti versi colluso, di assicurare giustizia, nel corso degli anni il ricordo di Valerio è rimasto vivo nella memoria della città e porta ogni anno migliaia di persone a sfilare per le strade di Montesacro. Per noi il corteo del 22 Febbraio è uno dei passaggi fondamentali, non solo per un discorso di memoria storica: la vicenda di Valerio Verbano, insieme con la forza e l’intelligenza che i compagni e il quartiere hanno avuto nel costruire intorno a quel ricordo un immaginario, restituiscono molti elementi utili a definire cosa dovrebbe significare oggi essere antifascisti. Innanzitutto spazza via l’idea di un valore legato soprattutto alle élite politiche e culturali: l’antifascismo liberal viene ridimensionato davanti alla realtà del quartiere, della materialità delle relazioni di sfruttamento che si vivono, della capacità di identificare subito il fascista come nemico di classe. In anni in cui le destre provano sistematicamente a occupare lo spazio delle periferie, dei quartiere popolari, questa capacità di uscire tanto dalla rappresentazione della lotta contro il fascismo come una battaglia solamente “culturale” (nel senso peggiore del termine) quanto dallo schema della guerra fra bande avverse, deve a nostro giudizio essere un punto di partenza imprescindibile. A maggior ragione ci pare d’obbligo poi recuperare le motivazioni che hanno portato all’omicidio: Valerio stava costruendo un dossier, poi a più riprese sottratto, in cui si documentavano i rapporti fra fascisti, malavitosi e apparati statali. Ecco allora un altro elemento di continuità con il presente da non sottovalutare e da cui trarre una lezione: bisogna avere la lucidità per smascherare i fascisti, che se da un lato cercano di costruirsi una faccia pubblica e “sociale”, dall’altra non smettono mai di intrecciare relazioni con i peggiori sfruttatori e apparati repressivi. Quelli che di giorno parlano di degrado e legalità di notte sono al soldo dello spaccio; quelli che millantano lotte sociali sono gli stessi poi al servizio della repressione. Non scordare mai questo fatto e far si che sia chiaro ai nostri soggetti sociali di riferimento può essere il grimaldello per costruirci una legittimità fuori dai (pochi) luoghi dove siamo ancora radicati. Anche perché la situazione odierna offre svariati esempi della verità di queste affermazioni: basti pensare al caso di Ostia, dove i fascisti prosperano al fianco dei clan criminali del litorale, o alla vicenda di Mafia capitale. Ecco allora perché diventa fondamentale partecipare ai momenti che come antifascisti romani stiamo costruendo nel nome di Valerio. Ci limitiamo a citarne uno, oltre al corteo: oggi, dalle 18, la facoltà di fisica della Sapienza ospiterà lo spettacolo teatrale “Rosso vivo” e la mostra dei manifesti delle manifestazioni tenute nei 37 anni dall’omicidio. Domani, ovviamente, l’appuntamento è in Via Monte Bianco, dalle 16, per la manifestazione, contro fascismo e sfruttamento, con Carla, Valerio e Sardo nel cuore.