Tristi elezioni
Tutto, più o meno, come previsto. La centralità della nuova DC appariva probabile, sebbene non in questi termini, che non possono che peggiorare le nostre aspettativa per il futuro. Un sistema che si stabilizza, che si cementa attorno all’uomo forte e al partito asse del sistema politico-istituzionale. Niente di buono per le speranze antagoniste in Italia, che ora avranno di fronte un nemico molto più coeso dal risultato, che andrà avanti a spron battuto tacitando, con la forza se necessario, chiunque osi opporsi al suo liberismo europeista. Un M5S che, come ampiamente previsto, riduce i suoi voti, anche se meno di quanto potessimo aspettarci. Nonostante si confermi con numeri rilevanti, ci sembra abbastanza segnata la sua parabola discendente ora che da partito extra-istituzionale è divenuto partito presente in tutte le istituzioni, senza alcuna credibilità che non sia la capacità comunicativa del proprio leader. Ancora una volta, il dato significativo è l’astensione, oggi al 42% e che cresce di quasi 10 punti percentuale rispetto alle scorse europee. Un dato ormai costante, che sommato alle vittorie in giro per l’Europa delle forze anti-euro contribuisce a delineare due grandi campi contrapposti, eterogenei al proprio interno ma con obiettivi condivisi antitetici: da una parte le forze favorevoli alla stabilizzazione dell’Unione Europea, dall’altra le forze anti-UE. Due fronti eterogenei, molto diversificati al proprio interno. Le forze filo-UE vanno dai conservatori di ogni paese alla sinistra democratica di Tsipras, e racchiudono quel mondo della compatibilità democratica neoliberale compresa nei campi del “centrodestra” e “centrosinistra”. Il fronte anti-UE è, se possibile, ancora più diversificato. C’è molto rigurgito nazionalista e xenofobo, localista, poujadista, espressione di una piccola borghesia stretta tra il grande capitale transnazionale in via di concentrazione e l’incubo della “proletarizzazione”. Pezzi di società che faticano a trovare un proprio ruolo e una propria autonomia politica, oggi più che mai scomparsa di fronte allo scenario semplificato dalla crisi economica. Per altro verso, il campo delle forze anti-UE non vede la presenza significativa delle forze di sinistra, impegnate in massima parte a legittimare una costruzione politica neoliberale e neoliberista che, come vediamo, è guidata dai partiti democratico e popolare. Portare l’acqua al mulino dei propri nemici sembra essere la costante politica di una certa sinistra in perenne ricerca di legittimazione. Quello che invece qui preme evidenziare è che lasciare tale, enorme, spazio politico, quello della lotta alla UE liberista, alle forze xenofobe, è uno degli errori capitali delle nuove sinistre, incapaci di prendere una posizione chiara nel tentativo di mantenere i piedi in due staffe inconciliabili. Soprattutto, e qui l’errore decisivo, incapaci di intercettare quella marea sociale che ormai non vota più. I voti che vengono persi o guadagnati dalle sinistre europee riguardano sempre e solo il panorama di chi ancora decide di votare, cioè di quella metà sostanzialmente soddisfatta dall’offerta politica e poco toccata dalla crisi economica. L’affanno di Tsipras nel confermare una Grecia dentro la UE, rispettosa dei trattati e delle sanzioni, appena visto il risultato elettorale in patria, certifica il ruolo subalterno, succube, di quella scelta politica, sempre attenta a non dare l’impressione di scavalcare il fossato che la porterebbe nell’incompatibilità politica del liberalismo. E sebbene, lo ripetiamo, Syriza in Grecia non è certo accumunabile alla parodia intellettualistica riproposta in Italia, questa non-scelta porta anche tale partito a rafforzare, più che indebolire, il processo liberista che contraddistingue la UE. E non può produrre altro che la crescita del neofascismo nelle sue varie forme, visto da una parte dell’elettorato come unica posizione politica nettamente contraria alle politiche europee.
Cantare vittoria, come sta facendo il PD, di fronte al 42% di astensione (senza contare le schede bianche e nulle, con cui si arriva presumibilmente a più del 45%), certifica la lontananza del sistema politico dal mondo reale. Nonostante ciò, questa vittoria all’interno di quella metà sociale che ancora trova rappresentanza nel mondo politico è oggi una notizia pessima per le lotte di classe almeno in Italia. Determina quella legittimazione che serviva al PD per stroncare definitivamente ogni opposizione reale nel paese. Da oggi il PD, dunque il sistema politico, dunque l’assetto istituzionale, sono più forti, con meno remore e meno disposti a tollerare discorsi avversi al proprio punto di vista. Teniamolo a mente per il futuro immediato, anche in chiave repressiva.