VE LA RICORDATE PIAZZA ÖCALAN?

VE LA RICORDATE PIAZZA ÖCALAN?


Eravamo in tanti il 16 febbraio 1999, a Roma, quando Piazza della Repubblica divenne “piazza Öcalan” e lo Stato turco fu colpito in quello che è uno dei cardini dell’economia globale, il turismo. Chiedevamo la liberazione di Öcalan, appena arrestato dai servizi segreti turchi. In quei giorni tutto il mondo se la prendeva con la Turchia e con la Grecia (che aveva smesso di proteggere il leader del Pkk). Noi in Italia ci vergognavamo di D’Alema, che si era dimostrato più pavido persino di Schröder e aveva consegnato Öcalan su un piatto di argento. Forse era convinto che così si comportassero i Grandi Statisti, invece così si comportano i Grandi Infami. Sono passati molti anni da allora. La questione kurda è uscita dall’agenda di gran parte del movimento italiano, superata da altre passioni e da altre mode. Anzi, per dirla tutta, qualche anima bella, che non manca mai neanche tra di noi, ha incominciato a guardare con un certo favore la Turchia, perché è un’alleata “critica” degli Stati Uniti e perché ancora non si è calata le braghe di fronte a Israele. Così facendo ci dimentichiamo di come la Turchia sia a tutti gli effetti un Paese imperialista e continua a trattare i kurdi come carne da macello. Da quando è partita l’ultima inchiesta contro la popolazione kurda (“Operazione Kck”) – nella seconda metà del 2011 – sono state imprigionate oltre 4.500 persone. Dal 2009 sono state oltre 7.000. Sono troppo poche? A inizio dicembre l’avv. Arturo Salerni, che fa parte del collegio difensivo di Öcalan, appena atterrato in Turchia è stato fermato ed espulso perché “persona non gradita”. Poco prima di Natale un’altra retata ha portato in prigione 48 giornalisti, accusati di avere contatti con l’Unione delle Comunità Kurde (appunto Kck, ritenuta il braccio urbano del Pkk) o comunque di militare in formazioni di sinistra. Pubblichiamo qui sotto una lettera di 35 giornalisti che sono ancora ospiti delle carceri turche, preceduta da un intervento di Orsola Casagrande, compagna del manifesto e da sempre vicina alla causa kurda. Con o senza l’appoggio massivo del movimento, in questi anni tanti compagni hanno continuato silenziosamente ad aiutare Öcalan e i suoi compagni.

“Le parole pronunciate qualche giorno fa dal ministro della giustizia turco Sadullah Ergin, assumono oggi un significato particolarmente sinistro, alla luce delle perquisizioni e degli arresti di decine di giornalisti e media liberi kurdi in Turchia martedì 20 dicembre.
Ergin aveva messo in dubbio la veridicità della lista compilata dal sindacato dei giornalisti turchi (TGS) per denunciare il fatto che 72 giornalisti sono attualmente in carcere in Turchia. Ergin si è dilungato a spiegare che quella lista non era corretta. “Ho personalmente verificato ogni nome su questa lista, e ho trovato dati molto interessanti”, ha detto Ergin aggiungendo: “Ci sono nomi in quella lista che vengono indicati come giornalisti, ma in realtà si tratta di persone che hanno ricevuto condanne per reati come omicidio o sequestro di persona.”
Come se “sollecitata” a fare qualcosa dalle parole del ministro, la magistratura ha rapidamente agito per riparare al danno: non ci sono abbastanza giornalisti in carcere? Detto, fatto. Una serie di perquisizioni compiute martedì mattina presso le redazioni di varie città di giornali kurdi e di sinistra come Ozgur Gundem e Bir Gun, agenzie di stampa kurde e di sinistra come DIHA e ETHA, la rivista “Modernità Democratica”, la tipografia Gun, ha portato all’arresto di 48 tra giornalisti e lavoratori dei media.
Vale la pena sottolineare che le perquisizioni sono state effettuate nell’ambito della cosiddetta operazione KCK (Unione delle Comunità kurde, struttura ritenuta dagli inquirenti il braccio urbano del PKK).
KCK, ovvero la foglia di fico, il caso opportunamente vago che permette di arrestare praticamente chiunque abbia legami con il legale e liberamente votato BDP (Partito della Pace e la Democrazia), sindaci, comuni, funzionari, politici e via così.
In una parola, avere collegamenti con un cittadino/a kurdo oggi significa avere la concreta possibilità di finire in carcere. Questo è lo stato di terrore e paura che il partito al governo, l’AKP del premier Recep Tayyip Erdogan, sta cercando di creare in Turchia. Poiché non riesce a ottenere la vittoria sui kurdi con la guerra (i guerriglieri del PKK sono ben lungi dall’essere sul punto di essere battuti militarmente), l’AKP ha scelto di provare a isolare i curdi da un lato eliminando (mettendoli dietro le sbarre) il numero maggiore di politici, amministratori locali, attivisti, intellettuali, avvocati, sindacalisti, e dall’altro con la creazione di uno stato di terrore simile a quello dei bui anni ’90 quando la gente doveva sempre guardarsi alle spalle per controllare che qualche vigliacco non sparasse alla schiena.
E vigliacco come sempre, l’establishment turco (che oggi ha il volto del AKP) pugnala i kurdi alla schiena. E con i curdi ogni possibilità di pace. Incapace di affrontare apertamente l’opposizione curda, in un’arena politica ‘legale’ sia essa il parlamento, la piazza, la strada, il consiglio comunale, l’AKP ha optato per la scorciatoia: ridurre al silenzio tutti.
Il fatto è che questa strategia non avrà successo. E’ bene dirlo forte e chiaro: il popolo curdo non può essere messo a tacere. La volontà, il diritto e la determinazione di un popolo a esistere non può essere soppressa. Non importa quante prigioni si decida di riempire”
(Orsola Casagrande, dal suo blog “Paci possibili”)

Nell’ambito del cosiddetto “progetto integrato” ampiamente descritto dal vice primo ministro Beşir Atalay, noi, 48 lavoratori dell’informazione, siamo stati arrestati il 20 dicembre scorso. Di noi 35 sono stati mandati in carcere. Nel sottolineare l’ambizione di questo “progetto integrato” Atalay ha nei fatti dimostrato alla pubblica opinione che perfino la Costituzione redatta dai militari dopo il golpe del 12 settembre 1980 viene violata da questo progetto.
Siamo consapevoli del fatto che sarebbe inutile chiedere di porre fine a una palese ingiustizia che porta i segni distintivi di un governo che si vanta di quanto “funzioni bene” la magistratura.
Per questo ci rivolgiamo a voi, governo: siate ancora più crudeli così la vostra fine arriverà prima. Non abbiate alcun dubbio : la nostra resistenza sarà abbastanza forte da spezzare la vostra repressione. Sappiamo bene che la resistenza è l’unica maniera per porre fine a questa ingiustizia.
Quando un nostro amico giornalista si è scusato per essere stato liberato, dopo essere stato arrestato con noi, questo vi dimostra che siamo tutti pronti a pagare il prezzo necessario quando si tratta di lottare per raccontare la verità su quello che sta accadendo in questo paese.
Siamo ben consapevoli del copione che state mettendo in scena. Tuttavia non accetteremo di recitare la parte che vorreste farci recitare nel vostro copione. D’altra parte però determineremo noi che ruolo recitare senza mai lasciare la scena.
Concludiamo ribadendo che nessuna forza o potere potrà impedirci di servire la gente. E lo faremo : dal carcere e da fuori. Esprimiamo la nostra gratitudine a chi ci sta sostenendo e non lascia la bandiera a terra. Speriamo di incontrarci in giorni quando i giudici non arresteranno la gente sulla base di accuse alle quali loro stessi a stento credono.
Lavoratori dell’informazione in carcere

Nota [Ndr]: Difendendo le operazioni militari delle forze armate turche oltre confine, il vice premier Beşir Atalay ha recentemente dichiarato che “le operazioni oltre confine sono una risposta efficace [agli attacchi del PKK. NdR] e sono parte di una nuova strategia integrata. Atalay ha detto che le politiche messe in atto dal governo fanno parte di una nuova strategia per la sicurezza. Questa nuova strategia comprende un approccio multidimensionale alla questione sicurezza, a partire del controllo aereo che Ankara ritiene essenziale per ottenere il controllo del territorio ora in mano al PKK. Il progetto integrato di Ankara è pensato non solo per contrastare il PKK ma i kurdi in generale: chi non accetta il governo centrale viene eliminato.